1. Le premesse e il successo della Magna Charta Universitatum
A partire dal 1986, la preparazione del IX centenario dell’Università di Bologna rappresentò per i suoi organizzatori – il rettore Fabio Roversi Monaco e il suo collaboratore Giuseppe Caputo – un’eccellente occasione per rilanciare l’idea tradizionale di istruzione superiore, sottolineando il suo ruolo decisivo nello sviluppo e nella storia dell’Europa. L’incontro di Leuven permise a 25 prestigiosi atenei europei di far presente ai ministri europei dell’Istruzione l’urgenza di approvare il progetto Erasmus proposto dalla Commissione. Erasmus costituiva un primo tentativo di dare una dimensione europea all’istruzione superiore e alla ricerca, anche se c’era il rischio che la politica universitaria fosse definita al di fuori delle istituzioni accademiche, e che esse dimenticassero la loro missione.
Nella primavera del 1987 l’auspicata approvazione del progetto e l’imminente abolizione delle frontiere tra i paesi europei spinsero un gruppo di rettori (per la maggior parte appena eletti) riuniti a Bologna a riaffermare il significato storico dell’università. La difesa di questa tradizione non significava un isolamento rispetto ai cambiamenti, ma al contrario era un modo di venire a patti con una nuova realtà prendendo l’iniziativa davanti ai cambiamenti, nella convinzione che nelle università fosse necessario correggere certe pratiche difficili da giustificare. I rettori erano comunque consci che tale trasformazione sarebbe stata difficile.
Si partiva dalla consapevolezza che, solo se si fossero impegnate nel riformarsi e si fossero adattate ai nuovi tempi, le università avrebbero potuto evitare le discontinuità e le fratture verificatesi in alcune fasi della loro storia, in particolare il rischio dell’immobilismo, dovuto all’incapacità di rispondere alle richieste provenienti dall’esterno. Per questa ragione esse abbozzarono il progetto della Magna Carta Universitatum non come una reazione a Erasmus, accolto con entusiasmo, bensì come un tentativo di andare olre Erasmus. L’iniziativa avrebbe promosso il ruolo di servizio alla società svolto dalle università. […]
Inizialmente concepita come documento da sottoporre all’approvazione delle università europee – infatti quelli che contribuirono alla stesura della Magna Charta erano membri di università europee –, la Magna Charta conobbe un immediato gradimento anche al di fuori dell’Europa, in particolare negli Stati Uniti, in Cina, Canada, America Latina, Asia e Australia. Il documento cominciò subito a circolare in tutto il mondo e fu il primo documento scritto nella storia dell’università a contenere le libertà fondamentali e a proclamare i principi fondanti delle istituzioni universitarie a livello globale. […]
2. Università e società: il ruolo della Magna Charta
Molte delle sfide considerate nel 1988 persistono ancora, a causa degli incessanti cambiamenti della società e dell’economia. Ad esempio, si insiste sull’idea della globalizzazione e sull’importanza della conoscenza. La tecnologia ha esteso la comunicazione e la mobilità su scala internazionale, e sono emerse tendenze transnazionali nella società e nei comportamenti. Se da un lato l’incremento della popolazione universitaria è rallentato, dall’altro sono aumentati gli insegnamenti impartiti e i modelli di ricerca. Di conseguenza, sono quindi cresciute le richieste della società nei confronti dell’università.
Nei secoli, la missione culturale dell’università ha influito profondamente sulla società: una m