“Verso la riforma”, “Pronta la riforma dell’università”: così titolavano i maggiori quotidiani italiani il 15 luglio riferendo l’incontro con i rettori ai quali il ministro Mariastella Gelmini aveva illustrato le linee portanti dell’imminente disegno di legge attuativo delle linee guida dell’azione di governo per l’istruzione superiore. Nelle affermazioni del ministro si delineava una riforma intesa a cambiare il reclutamento dei docenti e la governance di ateneo, a combattere gli sprechi (sedi distaccate inutili, corsi di laurea «che producono disoccupati»), a promuovere qualità e merito. Da tempo circolavano bozze non ufficiali del disegno di legge, il cui varo da parte del Consiglio dei Ministri dapprima annunciato per la primavera – dopo le elezioni europee – era poi stato rinviato all’autunno. In occasioni successive alla presentazione ai rettori la Gelmini e lo stesso Presidente del Consiglio sono tornati a parlare della “grande riforma” dell’università che dovrà affrontare il vaglio del Parlamento per una durata in commissione e in aula difficilmente prevedibile. Universitas seguirà con attenzione l’iter legislativo di questo provvedimento destinato a incidere in profondità nel sistema d’istruzione superiore del nostro paese e lo farà dando, come di consueto, voce alle diverse parti accademiche, ministeriali, politiche protagoniste delle vicende universitarie del nostro paese. E anche sviluppando analisi sui temi al centro della riforma annunciata, per meglio focalizzarli: nel numero 111 di marzo è stato affrontato l’argomento della governance di ateneo, in questo numero della rivista sono illustrate esperienze di raggruppamenti di atenei in corso in Europa.
Fra i diversi ambiti d’intervento normativo previsti nella citata bozza del disegno di legge Gelmini, figura, infatti, l’ipotesi della razionalizzazione del sistema universitario mediante «fusione e aggregazione federativa degli atenei», al fine di «migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse». È un tentativo di accogliere tendenze in atto in diversi paesi europei e in altri continenti. Nella consueta rubrica monografica e sotto il titolo “Alla ricerca dell’eccellenza”, Universitas dà conto di diverse iniziative che hanno l’obiettivo di far raggiungere alle università standard di eccellenza nella didattica e nella ricerca. In concreto, si illustrano programmi governativi o patrocinati da altri organismi pubblici in Germania, Francia, Svezia, Galles, Russia, Finlandia, Gran Bretagna, Spagna. La condizione per conseguire tali obiettivi di eccellenza è la razionalizzazione del sistema universitario in un dato territorio o in una regione, utilizzando gli strumenti delle fusioni, degli accordi strategici, dei consorzi e altre forme organizzative che coinvolgano due o più università o istituti superiori. È la politica degli “strategic mergers” di cui nelle pagine che seguono si esplorano le forme più diffuse, i vantaggi che ne conseguono e le difficoltà da superare.
La previsione di una normativa volta a facilitare queste buone pratiche organizzative anche nel nostro sistema d’istruzione superiore appare lungimirante, seppure sia da ritenere incontrerà resistenze nel mondo accademico e soprattutto nelle istituzioni politico-amministrative locali e territoriali. Infatti, ancor oggi la proliferazione di sedi distaccate e gemmate, di poli universitari distribuiti nelle regioni italiane senza una logica programmazione, inibisce l’affrontare il sano utilizzo delle risorse econo