Giuffrè, Milano 2011, pp. 226
Una lettura interdisciplinare della riforma Gelmini è quanto si propone il volume Ripensare l’università, curato da Anna Arcari e Giorgio Grasso: un accurato lavoro di analisi realizzato da un gruppo di ricercatori, aziendalisti e giuristi appartenenti all’Università degli studi dell’Insubria e ad altri atenei italiani, volto a fornire proposte interpretative della legge 240/2010, prefigurando alcuni possibili versanti applicativi. Una riforma che cade in un momento particolare per l’università italiana, che deve fare i conti con i (numerosi) decreti applicativi della legge 240/2010 e con l’ormai cronica emergenza finanziaria.
La legge costituisce il tassello conclusivo di un complesso processo riformistico, sviluppato nella XVI legislatura con la conversione in legge del decreto legge n. 180 del 2008 (legge 1/2009), che stabilisce tutta una serie di azioni volte a rendere più efficienti e più trasparenti i nostri atenei: nuovi criteri per la composizione delle commissioni di concorso; l’obbligo per i rettori di divulgare i risultati della ricerca; scatti stipendiali dei professori non più automatici, ma legati al merito; la creazione di un’anagrafe dei professori e delle attività didattiche svolte; interventi diretti per favorire il rientro dei cervelli in Italia; maggior sostegno al diritto allo studio e all’edilizia residenziale universitaria.
Questo il piano programmatico che ha ispirato la legge di riforma del sistema universitario (240/2010), approvata non senza incontrare alcuni problemi: il nodo dei ricercatori, l’insufficienza delle risorse, gli ostacoli provocati dagli ingorghi parlamentari. In ogni caso le novità inserite nel provvedimento sono molte, puntualmente messe in evidenza nel volume curato da Arcari e Grasso: la revisione della governance degli atenei, con la creazione del direttore generale e una più netta distinzione di poteri tra senato accademico e consiglio d’amministrazione; scompare la figura del ricercatore a tempo indeterminato, sostituita dal ricercatore a tempo determinato in regime di tenure track; si introduce un limite ai mandati dei rettori, che potranno rimanere in carica per un massimo di sei anni.
Per quel che concerne il reclutamento dei docenti e l’assetto didattico degli atenei, le maggiori novità riguardano l’introduzione dell’abilitazione nazionale per la docenza, la riduzione del numero delle facoltà (non più di dodici per ateneo) e dei corsi di laurea, la possibilità per gli atenei vicini di federarsi, l’introduzione di membri esterni al mondo accademico nel consiglio di amministrazione. Gli atenei non potranno più indebitarsi, pena il commissariamento. E si prevede non solo il potenziamento dei nuclei interni di valutazione, ma anche l’istituzione di un fondo speciale per il merito, finalizzato a promuovere l’eccellenza tra gli studenti. Tra i nodi più delicati, opportunamente evidenziati nel lavoro curato da Arcari e Grasso, vi sono la riorganizzazione e la semplificazione dell’articolazione interna degli atenei, con l’attribuzione al dipartimento delle responsabilità e delle funzioni inerenti lo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative.
Ma, al di là degli obiettivi generali, si pone il problema di una fedele e corretta applicazione della riforma, in termini soprattutto di programmazione, come rilevano opportunamente gli studiosi che hanno contribuito alla realizzazione del volume Ripensare l’Università, declinato secondo alcuni focus di approfondimento: in primis vi è la riforma della governance degli atenei da attuarsi non solo secondo i dettami dell’autonomia universitaria (Giorgio Grasso), ma anche nel rispetto della cornice normativa vigente (Daniela Montemerlo) e del principio di trasparenza legato ai processi di rendicontazione sociale (Rossella Locatelli e Cristina Schena). Si analizzano le azioni volte a stimolare la valutazione della didattica, inquadrata sia sul versante della qualità dell’offerta formativa (Anna Pistoni), sia sul piano del soddisfacimento dei servizi erogati dagli atenei (Fabrizio Fracchia e Annalaura Giannelli). Attenzione puntata poi sulla valutazione della ricerca, nodo tra i più delicati e controversi dell’attuale fase di riforma dell’università (Anna Arcari, Gabriella Margaria, Paolo Zuddas). Si esaminano le strutture di base, analizzate con un prospettiva comparata (Matteo Cosulich), nel tentativo di approdare ad una ipotesi di simulazione di riconfigurazione dipartimentale (Anna Arcari). Sotto la lente d’ingrandimento vi è anche l’assetto del personale, studiato alla luce delle novità introdotte dalla legge (Moris Foglia), ma anche in funzione delle modalità di valorizzazione e di gestione delle risorse umane di natura “privata” attuate da alcune università (Alfredo Biffi). Spazio infine al diritto allo studio, volto a garantire la funzione di servizio pubblico che compete all’Università (Raffaele Manfellotti).
Ne emerge una lettura originale della nuova legge, un contributo significativo al dibattito in corso sui processi di innovazione universitaria nel nostro Paese: in una fase caratterizzata dalla costante riduzione delle risorse, gli atenei devono recuperare il ruolo di volano socio-culturale che loro compete per tradizione e vocazione.
Andrea Lombardinilo