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L’avvenimento della conoscenza
Giampaolo Cottini
 


Edizioni Ares, Milano 2011, pp. 200, € 18
In questo volume, Giampaolo Cottini propone «un itinerario tra i discorsi di Benedetto XVI al mondo della cultura, dell’università, della scienza», come spiega il sottotitolo.
Nella prima parte del libro, l’autore identifica i punti salienti di questo percorso attraverso i temi della cultura e della conoscenza affrontando con accuratezza e profondità – ma con altrettanta chiarezza – argomenti di carattere filosofico-teologico, in modo da renderli fruibili anche da un pubblico di “non addetti ai lavori”: un testo sicuramente adatto a quanti desiderano capire alcuni contenuti del magistero di Benedetto XVI. La seconda parte del libro contiene un’antologia dei testi del Papa che fanno riferimento all’università, alla conoscenza e al rapporto tra fede e ragione.
Per Joseph Ratzinger, che nella sua vita ha svolto lavoro di ricerca ed è stato docente universitario, l’università deve essere soprattutto una comunità di docenti e studenti impegnati nella ricerca della verità[1]. È questo il luogo in cui trovare le risposte alle grandi domande dell’uomo: «L’umanità ha bisogno di domande. […] Solo se domandiamo, possiamo sperare di ricevere delle risposte». Il docente universitario ha un ruolo molto importante, perché «ha il compito non solo di indagare la verità e di suscitarne perenne stupore, ma anche di promuoverne la conoscenza in ogni sfaccettatura e di difenderla da interpretazioni riduttive o distorte. […] Di fatto, se si lascia cadere la domanda sulla verità e la concreta possibilità per ogni persona di poterla raggiungere, la vita finisce per essere ridotta a un ventaglio di ipotesi, prive di riferimenti certi». Il Papa esorta e incoraggia i docenti a superare le difficoltà: «[…] con rinnovata passione per la verità e per l’uomo gettate le reti al largo, nell’alto mare del sapere, confidando nella parola di Cristo, anche quando succede di sperimentare la fatica e la delusione del non avere “pescato” nulla. Nel vasto mare della cultura, Cristo ha sempre bisogno di “pescatori di uomini”, cioè di persone di coscienza e ben preparate che mettano le loro competenze professionali al servizio del Regno di Dio». Il docente deve incarnare «la virtù della carità intellettuale», ricordando sempre la vocazione a formare le generazioni future non solo attraverso l’insegnamento, ma anche con la testimonianza della propria vita.
L’amore per il sapere ha sempre contraddistinto la vita e l’impegno di Benedetto XVI, consapevole che la conoscenza è parte dell’incontro dell’uomo con la verità: per questo non si è mai stancato di combattere la dittatura del relativismo – «che non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura il proprio io e le sue voglie» – e il nichilismo che pervade tanti aspetti della cultura, da non intendere come mera erudizione, bensì come ricerca di verità.
Sulla riconciliazione tra scienza e fede[2], la posizione di Benedetto XVI è chiarissima: «La conoscenza deve essere compresa e perseguita in tutta la sua ampiezza liberatrice. Essa si può certamente ridurre a calcoli e a esperimenti, ma se aspira ad essere sapienza, capace di orientare l’uomo alla luce dei suoi primi inizi e della sua conclusione finale, si deve impegnare nella ricerca della verità ultima che, pur essendo sempre al di là della nostra completa portata, è, nondimeno, la chiave della nostra felicità e della nostra libertà autentiche». Benedetto XVI ricorda come «il sorgere delle università europee fu promosso dalla convinzione che fede e ragione cooperassero alla ricerca della verità, ognuna secondo la sua natura e la sua legittima autonomia, ma sempre operando insieme armoniosamente e creativamente al servizio della realizzazione della persona umana». E l’università, in particolare, deve essere una «universitas in cui le varie discipline, ognuna a modo suo, siano parte di un unum più grande». Tuttavia, la fiducia assoluta nella scienza e nella tecnologia non basta: «La scienza non può sostituire la filosofia e la rivelazione rispondendo in modo esaustivo alle domande più radicali dell’uomo: domande sul significato della vita e della morte, sui valori ultimi, e sulla stessa natura del progresso». Tra l’altro, i rapidi cambiamenti della nostra società si riflettono anche sull’università: «La cultura umanistica sembra colpita da un progressivo logoramento, mentre l’accento viene posto sulle discipline dette “produttive”, di ambito tecnologico ed economico; si riscontra la tendenza a ridurre l’orizzonte umano a ciò che è misurabile, a eliminare dal sapere sistematico e critico la fondamentale questione del senso. La cultura contemporanea, poi, tende a confinare la religione fuori dagli spazi della razionalità: nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione, non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene relegata nella sfera dell’opinabile e del privato».
Avendo sempre considerato la religione un elemento di unità tra gli uomini, Benedetto XVI ha affrontato il tema della divisione provocata dal suo uso distorto in nome dell’ideologia o della politica. Non è la religione in sé a causare difficoltà di rapporti, ma la sua degenerazione ideologica che porta al fanatismo e all’integralismo: «La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l’ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso. Qui non vediamo soltanto la perversione della religione, ma anche la corruzione della libertà umana, il restringersi e l’obnubilarsi della mente». Ragione per cui ha sempre difeso fortemente la libertà religiosa come espressione della libertà dei popoli e come postulato della loro convivenza pacifica, sottolineando il valore della filosofia per il dialogo tra le culture.
Isabella Ceccarini 


[1] Cfr. La lectio (mancata) di Benedetto XVI alla Sapienza, in “Universitas” n. 107/marzo 2008.
[2] Cfr. Fede e ragione in difesa del diritto, in “Universitas” n. 96/giugno 2005, pp. 56-58.
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