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Rivista della Fondazione Internazionale Nova Spes, n. 1, gennaio-marzo 2013, anno VII
«Le democrazie sono regimi complessi e delicati, ma non fragili. Sono fatte di regole, procedure, istituzioni, partiti. Hanno due requisiti essenziali e costitutivi, che possono essere variamente declinati, ma debbono entrambi sussistere: diritti civili e politici (spesso anche sociali) ed elezioni libere e periodiche» (Gianfranco Pasquino)
Questo numero del trimestrale “Paradoxa”, la rivista della Fondazione Nova Spes, dedica il primo numero del 2013 al tema Aux urnes, citoyens!, presentando i contributi di: Gianfranco Pasquino (che cura l’intero numero monografico), Paolo Bellucci, Alessandro Campi, Luigi Ceccarini, Claudia Mancina, Dario Tuorto e Marco Valbruzzi.
Pasquino denuncia – nel capitolo introduttivo Che razza di elettori – alcuni pregiudizi molto diffusi tra i commentatori: la sopravvalutazione dei “programmi elettorali” e della tv, la sottovalutazione delle relazioni sociali, la completa incomprensione di un fenomeno politicamente decisivo come le primarie, l’insistito riferimento a un “partito” degli astensionisti. Per l’autore troppo spesso si dimentica che sono le persone a portare la responsabilità di far funzionare le democrazie; è quindi fondamentale capire con che demos si ha che fare, per non rischiare un grave fraintendimento del comportamento elettorale.
Ceccarini, nel capitolo Non solo tv. La rete e le relazioni personali, analizza l’intreccio tra comunicazione, opinione pubblica e comportamento elettorale. Al centro dell’analisi vi è la televisione, un mezzo di comunicazione ancora importante, cui si affianca oggi sempre di più il ruolo dei network di discussione – dalle cerchie sociali alla rete – dove avvengono scambi diretti. Si va verso un cittadino che sta dietro, e oltre, la videopolitica; non solo homo videns, ma homo loquens e civis.net.
Bellucci, nel capitolo Elettori indecisi? Sì, perché (in parte) colti e programmatici, si chiede se è davvero preoccupante l’indecisione politica dei cittadini, tra un’elezione e l’altra o nel corso dell’attuale campagna elettorale. Per l’autore, dopo la crisi dei partiti storici, sono cambiati gli elettori in Italia e di conseguenza i processi decisionali di voto, anche se appare insufficiente il solo ampliamento della partecipazione sperimentato con le primarie.
Campi, Elettori liberati: pragmatici, sciocchi, opportunisti?, analizza in parallelo i tentativi riformatori di Fini e di Renzi, sottolineando la mancata metamorfosi del nostro spirito collettivo in materia politica: ne esce l’immagine di un paese incapace di stabilire linee di comunicazione tra i diversi schieramenti destra-sinistra, che appaiono sempre più contenitori generici, piuttosto che rappresentazioni di posizioni chiare e determinate.
Mancina, nel capitolo Quote e rappresentanza, pone diversi interrogativi: perché l’assenza o scarsità di donne nell’attività politica è un problema? Come si connettono rappresentanza e leadership? Secondo Mancina, piuttosto che limitarsi al solo ricorso alla legge, che non favorisce l’iniziativa politica di individui e gruppi, meglio immaginare diverse strategie convergenti.
Tuorto, nel capitolo Gli astensionisti non hanno partito, ricorda come il non voto, fenomeno generalizzato che investe tutte le democrazie occidentali, si configura come un proficuo terreno di indagine per studiare le trasformazioni della politica. Tuttavia, secondo l’autore, nonostante le suggestioni giornalistiche, non esiste e non può esistere un partito degli astensionisti.
Valbruzzi, infine, in Totem e tabù delle primarie italiane, sottolinea come in nessun altro Paese europeo le primarie hanno raggiunto il livello di diffusione conosciuto in Italia. A questa espansione non si è affiancata però una crescita significativa delle conoscenze e delle competenze, sia tra i dirigenti di partito che tra i giornalisti.
Luca C. Zingoni