Secondo una conferenza dell’IDP, il numero di ricercatori d’oltreoceano in Australia è cresciuto del 67% dal 2002 al 2007, mentre il numero di studenti internazionali nell’istruzione superiore è aumentato del 52%, segno evidente dello sforzo compiuto dal paese per competere nella guerra globale di talenti. Tuttavia solo il 19,7% di tutti i ricercatori nelle università australiane sono internazionali, secondo i dati 2008 dell’Australian Education International presentati a Brisbane.
Melissa Banks, ricercatrice dell’IDP, ha ribadito che “tale risultato è frutto di uno sforzo sistematico, specie tra il Gruppo di 8 università, per sostenere i ricercatori d’oltreoceano di più alto livello attraverso borse di studio, sussidi, occupazione assistita e iscrizioni ridotte. I risultati indicano che stiamo facendo enormi progressi e sfidano la visione secondo la quale abbiamo programmi uni dimensionali per gli studenti internazionali.” Lo sforzo di ricerca effuso dall’Australia si basa sulle università, sugli istituti di ricerca e sui propri studenti. Secondo Dean Forbes, della Flinders University, e Max King, della Monash University, le università dell’HES si sono rivolte agli studenti d’oltreoceano per ovviare al declino di studenti interni desiderosi di fare ricerca.
Ciò nonostante, c’è ancora molto da fare. Le università devono offrire ai propri studenti sostegno linguistico, al di là dell’inglese. Come ribadito dal prof. Forbes, che è anche il portavoce internazionale delle università internazionali, “Sebbene i nostri studenti non possiedano un inglese standard, hanno molto da offrire. Resteranno per fare ricerca, il che aiuterà a svecchiare la nostra forza lavoro”. Un altro problema riguarda le borse di studio: “Non siamo presenti sul mercato perché offriamo pochissime borse di studio”, sostiene il prof. Marginson dell’Università di Melbourne, “Molti dei nostri ricercatori internazionali lottano per borse di studio esimie, che non consentono loro di mantenersi. In questo modo non possiamo realmente competere con Stati Uniti ed Europa”. Il prof. King spera che una parte dei profitti provenienti dall’industria mineraria possa essere investito nella ricerca.
da The Australian