Crescono le resistenze al Processo di Bologna da parte di docenti e studenti in vari paesi europei. In Spagna gli studenti hanno occupato edifici universitari, bloccato linee ferroviarie e interrotto riunioni del consiglio accademico: contestano quella che considerano una servile privatizzazione delle università statali, in cui gli interessi privati stanno diventando prioritari rispetto al bene comune. A loro dire, gli sviluppi di Bologna, come il Credito europeo, stanno accrescendo il carico di lavoro e rendendo impossibile la convivenza tra studio e lavoro, binomio inscindibile data la mancanza di sussidi e prestiti.
Oggetto del malcontento è anche l’introduzione della formula “tre o quattro più uno o due più tre” che, svalutando la laurea di primo livello, li costringerà a completare gli studi con un ulteriore titolo per avere le stesse prospettive di lavoro che ottenevano con la vecchia laurea. Tra i docenti, invece, si sono scatenate dure lotte di potere in seguito alla decisione di tagliare alcune ore d’insegnamento e di ridistribuire il personale docente.
I commentatori dei media spagnoli osservano che le proteste sono dettate dalla disinformazione e dal modo in cui il governo ha scelto di realizzare la riforma. Secondo il rettore dell’università Complutense di Madrid, Carlos Berzosa, «tutti i messaggi che giungono alla società su Bologna sono negativi, ma il processo è qualcosa di positivo e necessario, è un’opportunità per gli studenti di essere più mobili e il ministro non ha fatto abbastanza per difenderlo».
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