Nell’anno accademico 2010/2011 negli atenei statali (gli altri hanno più tempo) diventerà indispensabile poter contare su almeno 4 docenti di ruolo per ogni anno di corso e bisognerà offrire agli studenti informazioni complete sugli sbocchi occupazionali, il gradimento di chi ha già seguito il corso e i curricula dei docenti. I corsi senza questi «requisiti necessari» non potranno più essere attivati.
Il dimagrimento, però, non è certo repentino e anche la prima fotografia completa dei corsi di laurea 2009/2010, che Il Sole 24 Ore ha chiesto a tutti i poli italiani, mostra ancora numeri da capogiro: i titoli tornano sotto quota 5mila (l'offerta complessiva è di 4.809), con una riduzione del 6,2% (64% se non si considerano le università telematiche). Dietro a questa facciata, poi, si insinua il sospetto di qualche (o di tante) cancellazioni fittizie, con i corsi di laurea che spariscono e subito dopo tornano sotto forma di «curricula» separati all'interno di un altro titolo.
Duplice, comunque, la spinta ai tagli. Quella (nobile) di fare un po' di chiarezza agli occhi degli studenti, spesso costretti a scegliere fra dedali di titoli indistinguibili o troppo specialistici, e per questo tranquillamente ignorati dal mercato del lavoro. E quella (pratica) di tagliare i costi del personale, alimentati da incrementi d'organico a cui la creazione di nuovi corsi offriva ottime "giustificazioni". Nel nuovo quadro di regole per attivare un corso servono 4 docenti di ruolo all'anno, e con le assunzioni bloccate non c'è alternativa al taglio dei titoli.
Ogni ateneo fa storia a sé. L'Orientale di Napoli, per esempio, guida la classifica del peso del personale sui conti, e per il prossimo anno mette in campo il 22% di corsi in meno rispetto al 2008/2009. «Abbiamo accorpato corsi simili - spiega il rettore, Lida Viganoni- ma abbiamo mantenuto la completezza dell'offerta con i curricula. Per esempio Lingue e culture dell'Africa e dell'Asia è confluito con Lingua, storia e cultura dei paesi islamici, mantenendo la distinzione di curricula. In qualche caso - riconosce - la razionalizzazione ci ha permesso di rendere più solida l'offerta».
Il problema dei costi si fa sentire anche a Siena (-15,2% di corsi), una delle università con i conti più traballanti, mentre a Catania (-148%) l'arretramento è territoriale, come chiarisce il delegato alla didattica Giuseppe Cozzo: «Abbiamo accorpato corsi che tornavano in più sedi, chiudendo anche alcune convenzioni sul decentramento”. A Viterbo (-26,8) la frenata vuole riportare l’offerta in un rapporto sostenibile con il numero di docenti. “Abbiamo sacrificato lauree che hanno attratto meno studenti – spiega Leonardo Rapone, delegato del rettore per la didattica – soprattutto nei corsi magistrali, nati anche per una sovrastima sul numero di studenti che avrebbero proseguito dopo il triennio”.
Strategia simile a Pisa (-15%) e a Parma (-14.2%), dove gli accorpamenti hanno trasformato in “indirizzi” i vecchi corsi. “A Economia – spiega per esempio Paolo Andrei, prorettore alla didattica – avevamo 5 lauree, che si sono ridotte a uno: sopravvivono 5 curricula, ma la scelta avviene alla fine del secondo anno”. Ma non tutti i curricula sono reali come quelli emiliani, che intervengono dopo la formazione di base.
In altri casi la scelta tra i curricula è all’inizio del corso, e rischia così di nascondere due lauree di fatto separate come prima dell’accorpamento. Anche per questo il ministero sta studiando come affinare i requisiti necessari per misurare la presenza di docenti di ruolo a livello di curriculum e non solo di corso.
(Eleonora Della Ratta e Gianni Trovati , Il Sole 24 Ore)