Settembre è per antonomasia il mese dei test d’ingresso. Per quelle facoltà che utilizzano lo strumento del “numero chiuso”, tale test è la necessaria scrematura per poter consentire il rispetto del numero di posti previsto ogni anno in base al decreto del MIUR, di concerto con i singoli Ministeri competenti. Quest’anno l’assalto dei neodiplomati si è riversato sulle facoltà di Medicina. Sono quasi 50.000 i candidati che hanno effettuato la preiscrizione ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e che hanno affrontato nei giorni scorsi i test d’ingresso nei quarantuno atenei italiani che propongono tali corsi. A fronte di questo inaspettato boom di domande, sembra davvero inadeguato il numero dei posti a disposizione che quest’anno ammontano a 8.518, il 7% in più rispetto all’anno accademico 2008-2009. Al contrario, diminuiscono le disponibilità di posti ad Odontoiatria (- 5% , 755 posti a concorso) e a Veterinaria (- 9%, 1.160 posti in totale). Per favorire la regolarità dei test d’ingresso, il ministro Gelmini aveva promesso prove serie e domande pertinenti, massima attenzione e controlli selettivi,essendo la posta in gioco molto alta e gli studenti consapevoli, tanto da essersi dovuti preparare per rispondere a un test difficile di 80 domande su cultura generale, ragionamento logico, biologia, chimica, fisica e matematica.
Nonostante l’alto numero di domande, c’è chi giudica tale assalto come una benedizione. Luigi Frati, rettore della Sapienza e medico, ritiene che le matricole di oggi avranno il posto assicurato e ne spiega anche il motivo: “Per fare il medico la preparazione dura almeno 12 o 13 anni, vale a dire 6 anni di corso universitario e 5 o 6 successivi di specializzazione. Le matricole di quest’anno finiranno nel 2022, quando si sarà esaurita l’onda inflazionistica degli anni ’70 e’80”. Si guarda al ricambio generazionale, al fatto che tra una quindicina d’anni molti dei dottori di oggi andranno in pensione. Gli studenti di oggi saranno i dottori di domani, anche a costo di affrontare grandi sacrifici. L’aumento dei posti disponibili è lo strumento che la concertazione fra Ministero della Salute e Ministero dell’Università ha predisposto per evitare di seguire l’esempio di Paesi costretti ad importare medici dall’estero onde supplire, in questo modo, alla loro scarsità sul proprio territorio.
Una postilla per il futuro. Molto probabilmente tra una quindicina d’anni avremo, come medici, più donne che uomini. Le donne laureatesi in Medicina nel 2007 sono state il 62,5% del totale; nell’anno accademico 2007-2008 la media nazionale delle matricole nelle facoltà di Medicina ha registrato la presenza di un 63% femminile. Tutto porta al fatto che sono le donne ad essere maggiormente affascinate dalla professione medica: le specializzazioni preferite dalle future dottoresse sono soprattutto pediatria, genetica e neuropsichiatria.
Danilo Gentilozzi
L’impressionante numero di domande che ha sommerso le Facoltà di Medicina e Chirurgia non è l’unico esempio di aumento considerevole che ha caratterizzato l’università italiana in questo settembre 2009. Tutta l’area medica è stata letteralmente presa d’assalto dai neodiplomati. Delle totali 201.000 domande per sostenere i test d’ammissione, 110.000 sono riferite alle 22 lauree delle professioni sanitarie (infermieri, fisioterapisti, tecnici sanitari, ostetrici ecc.), un bel 20% in più rispetto alle 89.000 dello scorso anno. Come conseguenza aumenta la percentuale del rapporto fra domande e posti disponibili, dal 3,4 del 2008-2009 al 4,1 del 2009-2010 e il discorso non può evitare l’analisi della messa a dispos