Una recente indagine dell’Ocse ha rilevato che i giovani dei ceti economicamente più svantaggiati hanno minori prospettive di accedere all’istruzione secondaria superiore, e quindi principalmente di laurearsi, rispetto ai coetanei più agiati. I governi nazionali, a fronte della imponente richiesta di figure professionali evolute, hanno la consapevolezza di dover favorire la crescita del numero dei laureati. Ci s’interroga se la garanzia dell’equità nell’accesso sia problema più etico che economico, cioè se l’accesso vada garantito a tutti – anche agli studenti meritevoli ma privi di mezzi – per rispettare i principi costituzionali di uguaglianza (“senza distinzioni di razza, lingua, religione”), oppure per rispondere al bisogno di figure professionali necessarie allo sviluppo economico di un paese.
L’Associazione Internazionale delle Università ha recentemente stilato un rapporto che analizza le situazioni dei paesi più evoluti e fornisce le possibili soluzioni per garantire l’equità nell’accesso. In questo documento si sottolinea come sia indispensabile una maggiore equità nell’accesso, ma solo se è accompagnata dal compimento con successo dell’iter formativo. Accesso e successo sono due elementi che vanno di pari passo perché garantiscono una certa stabilità occupazionale e perciò non possono essere sottovalutati dalle politiche di finanziamento pubblico poste in essere dai governi nazionali.
L’equità nell’accesso è un tema poco sentito in Spagna. Chi prosegue negli studi è lo studente, in particolare di sesso femminile, appartenente alla classe media-superiore e che preferisce studiare piuttosto che cercare lavoro. Un dato interessante riguarda il fatto che se il mercato del lavoro è in recessione, le iscrizioni all’università aumentano e viceversa.
In Francia si sta assistendo allo sviluppo di collaborazioni fra le grandi scuole di epoca napoleonica, per studenti di alto livello e con tasse altissime, e le università sovraffollate e aperte a tutti. Tali collaborazioni dovrebbero consentire a studenti meritevoli ma in condizioni disagiate di portare a compimento gli studi, garantendo strutture di alto livello a prezzi ragionevoli grazie a un sistema di borse di studio.
L’elevato numero di abbandoni è la causa primaria del basso numero di iscritti alle università della Gran Bretagna. Nonostante il governo stanzi da cinque anni fondi specifici per gli studenti in condizioni svantaggiate che si vogliono iscrivere a Oxford e Cambridge, la percentuale d’iscrizioni rimane al di sotto delle aspettative. I laureati arrivano alla conclusione degli studi con poca voglia e i voti di diploma sono insoddisfacenti. Il governo, che recentemente ha eliminato i fondi per le borse di studio, viene accusato di non fornire soluzioni al problema e di impedire che l’accesso all’università venga garantito a tutti.
La Grecia ha una particolarità. Le tasse universitarie non esistono e la formazione dello studente è a carico dello Stato. Le procedure di ammissione all’università sono, però, lente e complesse e dai risultati imprevedibili. L’esame panellenico preclude agli studenti economicamente svantaggiati qualsiasi possibilità di accesso; per preparare tale esame, infatti, sono nate scuole specializzate dai costi elevati. Se si aggiungono le spese “di sopravvivenza” per studiare lontano da casa, l’università rischia di costare fino a ottantamila euro.
Gli Stati Uniti pagano la grave crisi finanziaria del 2009. Le tasse accademiche sono alte e le università preferiscono s