I tagli effettuati dal governo al fondo per le Università italiane nella scorsa manovra finanziaria non hanno avuto distinzioni. La scure si è abbattuta sia sulle università statali, i cui fondi sono stati ridotti di quasi 700 milioni, sia sulle università non statali, il cui contributo statale si è ridotto a 90 milioni di euro.
C'era grande attesa attorno alla legge Finanziaria per il 2010 a causa, ovviamente, dei fondi rientrati nel nostro Paese grazie alle previsioni del cosiddetto "scudo fiscale". La Conferenza dei Rettori delle Università Italiane aveva auspicato una suddivisione minima dei fondi che consentisse di soddisfare il fabbisogno minimo complessivo, indicato in 500 milioni per le statali e in 50 milioni per le non statali. La Finanziaria 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 dicembre, ha attribuito alle Università statali una somma pari a 400 milioni di euro, dimenticandosi del tutto delle Università non statali, come richiesto dalla CRUI con una mozione del 17 dicembre.
Viene a confermarsi, in questo modo, una tendenza degli ultimi anni che mette in secondo piano le Università non statali (tra le quali rientrano atenei importanti per il contributo che danno all'alta formazione e alla ricerca, come la Luiss, la Lumsa, la Cattolica, il Campus Bio-Medico ecc.) le quali riescono a sopravvivere per il 90% grazie alle risorse di cui dispongono in via privata. I contributi statali a queste Università, in base alla legge n. 243 del 1991, coprono circa il 10% del loro bilancio; e non bisogna dimenticare che le non statali costituiscono un quinto del sistema universitario nazionale e che non è presente in Costituzione una norma che distingua i due tipi di Università, come invece accade per le scuole.
Nella mozione del 17 dicembre, la CRUI aveva già parlato di un "clima di discriminazione politica e culturale operata inopinatamente dal Parlamento", in conseguenza delle scelte operate sotto il profilo economico-finanziario tramite la riduzione, prevista nel disegno di legge della Finanziaria del 2010, del contributo statale da 130 a 90 milioni, destinata ulteriormente a diminuire nel 2011 fino a 69 milioni. La mozione è stata presentata il 19 dicembre dal vice presidente della Crui Giovanni Puglisi, rettore della IULM di Milano ovvero di una delle 17 università non statali italiane legalmente riconosciute, alla VII Commissione Permanente del Senato; essa aveva il compito di avvertire gli organi politici della situazione difficile in cui avrebbero potuto versare le non statali se lo stanziamento aggiuntivo non fosse stato approvato in Finanziaria.
Ciò che le università non statali chiedono non è tanto un aumento dei fondi loro destinati, quanto l'assicurazione dell'effettiva par condicio con le statali, pur nel rispetto delle specificità proprie, considerando che queste università si vedono spesso escluse da alcuni interventi dello Stato diretti ad elevare la qualità del sistema, a facilitare la mobilità dei docenti e a promuovere l'accesso alla ricerca per giovani capaci e meritevoli.
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