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Erasmus: uno studio internazionale sostiene l’utilità di un piano europeo di prestiti per la mobilità
 


È stato pubblicato all'inizio di novembre uno studio intitolato Financing EU student mobility: a proposed Credit Union scheme for Europe, realizzato dalla ricercatrice francese Cécile Hoareau, dottoranda presso il Center for Studies in Higher Education (CSHE) dell'University of California - Berkeley. Lo studio presenta una possibile soluzione per finanziare la mobilità degli studenti europei mediante lo strumento dei prestiti.
Lo schema di prestiti per gli studenti europei prospettato dalla ricercatrice francese parte da una domanda iniziale: come può l'Unione europea aiutare gli studenti a finanziare la loro esperienza all'estero in un modo economicamente efficiente e politicamente fattibile?

L'esperienza concreta, dalla quale lo studio prende le mosse, è la difficoltà finanziaria in cui versa il programma maggiormente conosciuto per la mobilità degli studenti: Erasmus. Secondo i dati degli ultimi dieci anni, la mobilità degli studenti ha in Erasmus la sua chiave d'accesso principale ma il finanziamento che il Programma eroga per fare un'esperienza all'estero non è adeguatamente supportato dai contributi nazionali che lo accompagnano: la Hoareau ha calcolato che il costo della vita per uno studente all'estero è valutabile in circa 7mila euro annui, a fronte di un contributo Erasmus pari a 2.700 euro (il contributo Erasmus ha la finalità di coprire il maggior costo di studi svolti fuori dal proprio paese). Inoltre, un'indagine su un campione di 9mila studenti Erasmus ha evidenziato come il 57% degli esaminati avesse avuto problemi finanziari a mantenersi all'estero.
Poiché i sistemi di prestito agli studenti per affrontare gli anni universitari si diversificano a seconda del sistema d'istruzione superiore in cui vengono applicati, la ricercatrice spiega come gran parte dei prestiti a livello nazionali non coprano in modo efficiente tutti i costi e tendano a scoraggiare la mobilità degli studenti. I problemi sono: una differenza sostanziale fra i sistemi di finanziamento dell'istruzione superiore applicati dai singoli paesi membri Ue, per cui alcuni sono più generosi e flessibili e altri meno; la riluttanza degli studenti a contrarre prestiti, in quanto c'è il timore di caricarsi di un ulteriore debito senza avere la certezza di far fronte ad esso.

La ricercatrice ipotizza la creazione di una European Credit Union for Students, un'agenzia centrale europea di prestiti agli studenti capace di raccogliere fondi da altre istituzioni europee come l'European Trade Union (ETU) e aiutare gli studenti europei a far fronte ai costi d'insieme per affrontare gli studi. Lo schema prevede la possibilità di sfruttare la European Investment Bank (EIB), la banca pubblica europea per gli investimenti, quale possibile fonte di capitali da girare all'ETU. Gli studenti dovrebbero chiedere il prestito direttamente all'ETU e, qualora la domanda venisse accolta, comincerebbero a rimborsare il prestito solo a studi compiuti, dopo aver iniziato a lavorare. In questo schema rientrano anche i singoli paesi membri, che dovrebbero contribuire a sovvenzionare questi prestiti tramite aiuti finanziari locali (banche, stakeholders, donazioni ec
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