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Dopo la caduta di Zine Al-Abdine Bel Ali in Tunisia e di Hosni Mubarak in Egitto, le domande che ora tutti si pongono sono se anche i due regimi siano crollati con loro, quale spazio avranno i movimenti islamici radicali nella transizione verso libere elezioni e soprattutto se ci sarà, e con quali caratteristiche, un effetto-domino negli altri Paesi della regione (Algeria, Marocco, Libia, Giordania, Yemen) alle prese con gli stessi problemi alle origini delle rivolte: corruzione, povertà diffusa, disoccupazione dilagante. Come già si vede in Iran dove, dopo la rivolta per le irregolarità nelle elezioni del giugno 2009 terminate con 70 morti e centinaia di arresti, migliaia di persone sono scese in strada a Teheran, con violenti scontri tra forze dell'ordine e manifestanti.
"Quella dei tanti laureati senza lavoro è una bomba a orologeria in tutta la regione" rimarca su University World News il biologo Wagdi Sawahel, visiting professor alla Ghent University (Belgio) e docente al National Research Centre del Cairo. Il problema, spiega, è proprio la crescente scolarizzazione e l'aumento di laureati senza la contestuale crescita economica che produca lavoro per i più istruiti: e questo, in un continente come l'Africa dove nel 2015 i giovani con meno di 25 anni saranno il 75% della popolazione, esige l'individuazione di strategie efficaci per fare fronte alla disoccupazione giovanile e rafforzare il legame fra mondo del lavoro e università.
In Nord Africa, dove i giovani rappresentano il 60% della popolazione, l'ultimo rapporto dell'ILO (pubblicato a gennaio) dal titolo "Tendenze globali per l'occupazione nel 2011: la sfida del recupero del lavoro" segnala come più del 40% degli adulti viva al di sotto della soglia di povertà (meno di due dollari al giorno) ed il 24% dei giovani sia sottoccupato. In Egitto, dove l'analfabetismo riguarda il 28% della popolazione (una percentuale che sale al 41% per le donne), i laureati rappresentano il 42% della forza lavoro ma l'80% dei disoccupati: in Tunisia i giovani disoccupati sono il 30,3%.
Il fatto è che, spiega il rapporto dell'organizzazione, il tasso regionale di disoccupazione in Nord Africa continua ad essere uno dei più alti del mondo, il 9,9% nel 2010, che diventa del 15% per le donne e sale al 23,6% per i giovani con meno di 24 anni: il cosiddetto gender gap, l'esclusione di tre donne su quattro dal mondo del lavoro in tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo, continua infatti a peggiorare ulteriormente la situazione. "Basti pensare che su 100 donne nella regione - si legge nel rapporto - solo 28 sono attive nel mercato del lavoro, con 24 che hanno un lavoro e 4 disoccupate: ciò significa che meno di un quarto della popolazione femminile in età lavorativa ha un impiego, ed il potenziale 75% di popolazione che potrebbe contribuire alla crescita economica di fatto rimane inattivo".
Quanto alle ragioni della disoccupazione giovanile tra i laureati, spiega Sawahel, esse vanno ricercate sia in un numero eccessivo di laureati in materie umanistiche e Scienze sociali, mentre servirebbero molti più ingegneri, matematici, fisici, biologi, sia nella scarsa aderenza dei piani di studio all'assetto economico-industriale dei Paesi. Un campanello d'allarme che suona per tutti, visto che l'onda che ha travolto regimi trentennali è partita dai velocissimi twits dei blogger di Tunisi, Algeri, Il Cairo.
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