In Medio Oriente alcuni governi hanno favorito lo sviluppo dell'istruzione superiore, ma la mancanza di autonomia delle università si è tradotta in una situazione di generale arretratezza. Secondo i media, i paesi arabi hanno investito molto nel miglioramento dei sistemi universitari, ma non sono riusciti a garantire il lavoro ai laureati, provocandone le proteste nelle strade.
In realtà, le radici del malcontento sono profonde e legate piuttosto all'ingerenza dei governi: questi sostengono che le università godono di un'autonomia che nella realtà non hanno. Alle università arabe non è consentito prendere decisioni né sugli stipendi né sulle tasse universitarie. Se i rettori degli atenei egiziani hanno bisogno di riallocare il budget, devono chiedere il permesso al Ministero della Pianificazione. Gli stipendi sono così bassi che i docenti devono avere diversi lavori part-time per arrivare a fine mese e, sebbene tra gli accademici ci siano delle differenze a livello di competenze e di produttività, esse non si traducono mai in differenze salariali.
Per quanto riguarda la governance, i rettori delle università pubbliche sono scelti dal governo, a cui devono rispondere durante il mandato. Sia agli atenei pubblici che a quelli privati vengono imposti programmi di studio approvati dal Consiglio supremo delle università. Se un ateneo riesce a procurarsi finanziamenti in modo autonomo viene tassato come un'impresa: di conseguenza, lo stimolo a reperire finanziamenti è molto scarso. Basta pensare che nelle università coreane il 42% del finanziamento proviene da fonti non governative, mentre in quelle egiziane la percentuale scende al 15%. In Medio Oriente e nel Nord Africa circa il 90% dei finanziamenti per l'istruzione è pubblico, nei paesi dell'Asia Orientale e del Pacifico e in America Latina si attesta al 53% circa.
Il governo egiziano assegna i finanziamenti per la ricerca attraverso il Ministero per la Ricerca Scientifica. Le risorse vengono distribuite attraverso 300 centri di ricerca associati ai ministeri competenti e non dalle università, come avveniva nell'ex-Unione Sovietica. Le singole facoltà possono partecipare a progetti di ricerca, ma le università non possono. Senza la ricerca, le università sono bloccate. Infatti, i paesi arabi producono appena l'1% delle pubblicazioni scientifiche nel mondo, e meno dell'1% dei brevetti rilasciati negli Stati Uniti e in Europa. Inoltre, le politiche nel campo dell'istruzione superiore sono ferme agli anni Cinquanta e non c'è distinzione giuridica tra istituzioni for profit e non profit.
Per accedere all'università bisogna superare un esame; tuttavia, gli studenti partono già scoraggiati, perché consapevoli del livello modesto delle scuole secondarie. Allora diventano necessarie delle lezioni private integrative, che ovviamente sono più alla portata dei ceti abbienti.
Gli studenti e i docenti sanno come funzionano le università in Europa e nel Nord America; sanno che gli altri studenti non hanno vecchi libri di testo da memorizzare, ma hanno accesso immediato a un materiale bibliografico illimitato; sanno che possono seguire corsi nelle lingue della ricerca scientifica; sanno che gli altri sistemi sono flessibili e che gli studenti possono cambiare i corsi, partecipare ai programmi di mobilità e trasferire i crediti e che sono addirittura incoraggiati a sviluppare idee e teorie individuali.
In Medio Oriente gli studenti hanno manifestato in strada per la libertà: non la libertà di frequentare l'università,