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segnalato da Freeonline.it
Laureati in Lombardia: è ancora crisi? Una ricerca della Camera di Commercio di Milano
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Segnali di ripresa del mercato, elevata attrattività del sistema universitario, ma povertà di proposte lavorative: questi i dati salienti che emergono da Specula Lombardia, una ricerca condotta da Formaper - Camera di Commercio di Milano.

I risultati, presentati a Milano il 6 giugno scorso, confermano che in Lombardia, nonostante il calo demografico, i nuovi iscritti sono aumentati del 5%, in controtendenza col dato nazionale. Guardando agli esiti occupazionali, il 2010 rimane un anno di crisi per i laureati nonostante i segnali di ripresa del mercato che ha inserito l'8,4% di laureati in più rispetto all'anno precedente. I laureati nel 2009 in cerca di prima occupazione, infatti, scontano la concorrenza di quelli dell'anno 2008 rimasti senza occupazione a causa della crisi e la ripresa, ad oggi, non è in grado di assorbire l'accumulo.

Solo il 13,7% dei laureati in Lombardia è inserito con un contratto stabile (tempo indeterminato - che si ferma al 7% - o contratto di apprendistato e di inserimento), il 27,5% è inserito con tirocinio, soprattutto a Milano. Crescono il lavoro intermittente, il lavoro autonomo - che spesso è a committente unico - gli stage. Appare in crescita anche la frammentarietà dei contratti (durata media 7 mesi) e il turn over. Il 10% non lavora, ma sta ancora studiando e il 16% non studia né lavora.

Nel medio periodo, i contratti si trasformano: analizzando i dati dei laureati 2007, a 3 anni dal conseguimento del titolo, si rileva che il 70% di chi inizia con un contratto a tempo indeterminato lo mantiene, più del 40% dei dipendenti a tempo determinato e somministrati vedono stabilizzarsi il contratto, mentre questa probabilità si riduce drasticamente al 20% per i collaboratori a progetto, al 13% per i lavoratori intermittenti e al 10% agli occasionali.

Si conferma che in Lombardia la ripresa è trainata dalle grandi e medie imprese del settore privato, soprattutto manifattura e commercio all'ingrosso, ma anche finanza e informatica.

L'analisi delle performance occupazionali dei diversi indirizzi di studio conferma la forza delle lauree in ingegneria (ad esclusione delle civili/ambientali), di informatica e di chimica. Bene anche le lauree sanitarie ed economia, decisamente meno buone le performance occupazionali dei laureati in scienze della comunicazione, lingue, beni culturali. Caso a parte le lauree scientifiche con sbocchi prevalentemente legati alla ricerca: qui si presume un elevato tasso di proseguimento degli studi o di lavoro all'estero (secondo fonte ISTAT il 13,3% intende trasferirsi e il 7,8% è già all'estero, percentuale che sale al 23,7 per i fisici). Si conferma la crisi delle professioni, con la sola eccezione di medicina: per molti indirizzi (giurisprudenza, architettura, psicologia) si presenta la problematica legata ai praticantati e ad una offerta di laureati sovradimensionata.

Dalla ricerca emerge, quindi, un mismatch fra domanda e offerta, non solo legata agli specifici indirizzi di studio, ma anche dalla discrasia fra le richieste della domanda (profili molto giovani, buon curriculum, conoscenza delle lingue, skills trasversali ecc.) e la povertà delle proposte (redditi bassi, inferiori alla media europea, contratti senza garanzie, sottoccupazione).

Il rapporto di ricerca, completo di tutti i dati qui non analizzati, è scaricabile dalla home page del sito http://www.formaper.it.

 

Simona Miano
(giugno 2011)
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