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La crescita economica non particolarmente vivace all'indomani del biennio di recessione rischia di continuare a produrre effetti di lungo periodo, soprattutto sulle dinamiche del mercato del lavoro giovanile.
Lo evidenzia il "Rapporto CNEL 2011 sul mercato del lavoro" che, per l'inserimento professionale dei laureati, polarizza l'attenzione sui tre aspetti: overeducation, ovvero formazione più qualificata di quella richiesta dall'attività lavorativa svolta; mismatch, divario di istruzione o di competenze; skills, capacità possedute e richieste. Ribadito il triste fenomeno dei NEET (vedi articolo sul Rapporto Istat 2011), dal rapporto emerge come, nonostante le difficoltà, la laurea non metta completamente al riparo dalle difficoltà occupazionali, ma sia titolo che apre maggiori possibilità lavorative. Nel triennio 2007/10 gli occupati laureati sono cresciuti di numero (+ 286.000 unità). Pur se meno remunerativo rispetto al passato e alla situazione registrata in altri Paesi, l'investimento in istruzione ha operato in senso positivo: aver conseguito un titolo di studio elevato è risultato un punto di forza sia per una minore permanenza nella condizione di disoccupazione che di più agevole ingresso sul mercato del lavoro. Le probabilità occupazionali differiscono però secondo i gruppi disciplinari: rendimento maggiore per le lauree tecnico/scientifiche (materie scientifiche, gruppo medico, architettura e disegno industriale), contrapposto a risultati più difficili per le lauree umanistiche, connessi a un eccesso di offerta.
I laureati con titoli di studio più difficilmente spendibili sul mercato del lavoro sono quelli maggiormente costretti ad adattarsi, pur con una certa difficoltà, a percorsi professionali per i quali la loro formazione scolastica appare ridondante (overeducation). Più di uno su dieci (12,1%) degli occupati italiani in possesso di laurea svolge un'attività per la quale sarebbe stata sufficiente una formazione meno qualificata. Il disallineamento tra domanda e offerta di competenze (mismatch) comporta troppo spesso la presenza simultanea di elevati tassi di disoccupazione per alcuni corsi di laurea a fronte del fabbisogno insoddisfatto di professionalità da parte delle imprese.
Ciò che manca in Italia è una politica economica forte nei settori più avanzati o a maggiore contenuto tecnologico, in grado di "favorire l'accumulazione di capitale umano e di assecondare la crescita della produttività totale dei fattori". L'indagine passa in rassegna la politica economica attuata negli USA, nell'UE e in particolare in Germania, che nel corso degli ultimi anni ha puntato a rafforzare la competitività delle imprese industriali.
La scommessa dei prossimi anni - conclude il Rapporto CNEL - è quella del rapido ingresso nel mondo del lavoro dei molti giovani, rimasti fuori dal mercato del lavoro nelle fasi iniziali del percorso di carriera. Nel prossimo decennio un miliardo di giovani in tutto il mondo raggiungerà l'età e la formazione necessaria per affacciarsi sul mercato del lavoro. Ma non per tutti sarà un'impresa facile, tenuto conto della situazione fortemente differenziata per area geografica, come emerso chiaramente dal recente Rapporto "Global Employment Trends 2011" dell'ILO Global Job Crisis Observatory.
Maria Luisa Marino
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