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Secondo la pubblicazione dell'OCSE Education at a Glance: Indicators 2011, il tasso di disoccupazione dei laureati è rimasto costante negli ultimi anni sulla media del 4,4%, rispetto all'11,5% che ha colpito i meno scolarizzati. Il Rapporto offre una visione comparativa sulle performance dei sistemi di istruzione dei Paesi membri e sull'impatto del periodo formativo sui livelli di retribuzione e sulle opportunità di impiego degli adulti. Le risorse pubbliche investite in istruzione rendono sul piano economico anche un maggior gettito fiscale: durante la vita lavorativa, un laureato, rispetto ai diplomati, produrrà in media circa 65 mila euro in più di imposte sul reddito e di contributi sociali, una somma maggiore di quella spesa dallo Stato per la sua formazione. E i singoli ricaveranno un vantaggio di ordine salariale di 215 mila euro per gli uomini e di 150 mila euro per le donne. Gli Stati Uniti e il Giappone dispongono ancora del bacino più ampio di manodopera specializzata (da soli il 47% della zona OCSE), che ha consentito l'evoluzione sul piano tecnologico. Ma la situazione sta cambiando: negli USA solo 1 su 5 dell'attuale popolazione attiva è laureato rispetto al rapporto 1 a 3 riscontrato tra i pensionati. La Cina sta guadagnando terreno e, pur annoverando solo il 5% della popolazione attiva laureata, supera, grazie ai valori assoluti, il Giappone.
Quest'anno per la prima volta l'analisi è estesa anche a Brasile, Cina, India, Indonesia, Russia e Sudafrica. Gli indicatori riguardano anche il funzionamento e l'evoluzione dei sistemi formativi, nonché il rendimento degli investimenti in istruzione.
Tra le osservazioni conclusive della pubblicazione, segnaliamo le seguenti.
Negli ultimi 50 anni i livelli di istruzione sono molto cresciuti. Nel 1961 l'istruzione era ancora un privilegio di pochi. L'ultima rilevazione (aggiornata al 2009) evidenzia che nei 34 Paesi OCSE esaminati più dell'80% consegue un diploma di scuola secondaria superiore e uno su tre la laurea. L'Italia con l'81% di diplomati si colloca all'8° posto, preceduta da Irlanda, Finlandia, Israele, Repubblica Ceca, Polonia, Repubblica Slovacca e Svezia.
Nel 2008 le spese per l'istruzione hanno assorbito in media il 6,1% dei Pil nazionali (in media +14% tra il 2000 e il 2008 per l'istruzione superiore, vedi Tabella 1). Differiscono però considerevolmente nei vari Paesi le metodologie di finanziamento. Rispetto alla media OCSE, in Canada e Israele un quarto dei costi totali è coperto da risorse private e addirittura un terzo in Australia, Cile, Giappone, Corea, Regno Unito e USA. In generale il contributo privato è quasi tutto indirizzato all'istruzione superiore; fanno eccezione Australia, Giappone e Corea dove l'istruzione primaria è per il 50% a carico di fonti private.
Tabella 1
La mobilità studentesca è considerevolmente aumentata negli ultimi 30 anni ed è ancora in crescita (cfr. Tabella 2). Rispetto agli 800.000 studenti universitari iscritti nel 1975 fuori del loro Paese d'origine, quelli in mobilità internazionale nel 2009 sono stati oltre 3,7 milioni. Nell'ambito del mercato competitivo dell'istruzione internazionale, nuovi Paesi come Russia, Corea e Nuova Zelanda stanno attirando un numero crescente di studenti stranieri, anche se gli USA, l'Australia, il Canada, la Repubblica Federale di Germania e la Francia risultano ancora i più ospitali (5% degli studenti in mobilità nel mondo intero). La fetta più grossa degli studenti stranieri proviene dalla Cina, dall'India e dalla Corea.
Tabella 2
L'apprendimento non finisce con il conseguimento della laurea e sono sempre più numerosi gli adulti che continuano la formazione e lo studio anche nel corso della vita lavorativa: oltre il 40% degli adulti è impegnato in attività di istruzione formale e non, variando in termini percentuali da oltre il 60% in Nuova Zelanda e Svezia a meno del 15% in Ungheria e in Grecia.
Leggi il comunicato stampa di presentazione del rapporto.
Leggi la sintesi del rapporto con dati relativi all'Italia.
Maria Luisa Marino (ottobre 2011)
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