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L'edizione 2012 dell'indagine ISTAT Noi Italia presenta gli aspetti economici, sociali, demografici e ambientali che caratterizzano il nostro Paese e le differenze che distinguono le regioni. Inoltre, è analizzata la collocazione dell'Italia nel contesto europeo.
L'Italia, con 200 abitanti per km2, è uno dei paesi più densamente popolati dell'Unione Europea (la media UE è circa 114 abitanti per km2) e con il 12% degli oltre 500 milioni di abitanti dell'UE è il quarto paese per dimensione demografica. Dopo anni di stagnazione, dal 2001 la popolazione ha ricominciato debolmente a crescere, sia per effetto delle nascite che dell'immigrazione. Forte lo squilibrio generazionale: 144,5 anziani ogni 100 giovani (in Europa, solo in Germania l'indice di vecchiaia è superiore).
In Italia si spende per istruzione e formazione il 4,8% del Pil (2009), un valore decisamente inferiore a quello dell'UE (5,6%). Circa il 45% della popolazione tra 25 e 64 anni ha la licenza media come titolo di studio più elevato, mentre la media UE è 27,3% (2010). Sensibilmente più alta rispetto alla media UE (14,1%) è la quota di giovani di 18-24 anni che ha abbandonato gli studi senza conseguire il titolo di scuola media superiore. Il 19,8% dei 30-34enni ha conseguito un titolo di studio universitario (o equivalente): nel periodo 2004-2010 si è registrato un incremento (+4,2%), ma si è ancora molto lontano dall'obiettivo del 40% fissato dalla "Strategia Europa 2020". I laureati in discipline tecnico-scientifiche sono ancora troppo pochi (12,2 ogni mille abitanti in età 20-29), e comunque inferiori alla media europea (14,3). Tuttavia, le disparità di genere in Italia sono meno accentuate che in altri paesi UE.
I dati più preoccupanti sono quelli relativi al gruppo 15-29 anni: più di due milioni di essi (22,1%, a fronte di una media europea del 15,3) non lavorano, non studiano e non sono impegnati in un percorso di formazione. I cosiddetti Neet (Not in Education, Employment or Training) rappresentano un triste primato italiano: siamo secondi solo alla Bulgaria. Francia, Regno Unito e Germania sono fermi a valori assai più contenuti: i primi due al 14,6 % e la seconda al 10,7. Inoltre, la situazione è sbilanciata a sfavore delle donne che raggiungono il 24,9% a fronte del pur "ragguardevole" 19,3 degli uomini.
Il problema del lavoro assume toni sempre più drammatici: tra il 2009 e il 2010 la disoccupazione di lungo periodo - ovvero chi rimane senza lavoro per più di un anno - è aumentata di oltre quattro punti, raggiungendo il 48,5% dei disoccupati. La disoccupazione giovanile è arrivata al 27,8%. Il tasso di inattività della popolazione di 15-64 anni è al 37,8%, uno dei valori più alti in ambito europeo, che per le donne arriva addirittura al 48,9%. Gli occupati in età 55-64 anni sono pari al 36,6%: un dato che risulta in aumento rispetto al 2009, contrariamente a quanto avvenuto per l'occupazione nel suo complesso. Non bisogna poi sottovalutare il lavoro nero, che raggiunge quota 12,3%.
Alla spesa per ricerca è sviluppo è dedicato l'1,26% del Pil: un valore distante dai paesi europei più avanzati, ma non lontano dall'obiettivo fissato a livello nazionale per il 2020 (1,53%). Per quanto riguarda i brevetti, l'indice di intensità brevettuale è tra i più bassi in Europa. Il tasso d'imprenditorialità è poco inferiore al 32%, quindi la propensione all'imprenditorialità è elevata, ma l'Italia è in fondo alla classifica per dimensione media di impresa, ovvero un sistema che non consente grandi espansioni.
Isabella Ceccarini (febbraio 2012)
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