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È uno scienziato e un politico l'ingegnere chimico Luigi Nicolais, il nuovo presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche nominato dal ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Francesco Profumo. Iniziò la carriera come ricercatore proprio al CNR, e successivamente alla Montedison. Al CNR ha fondato e diretto l'Istituto per i Materiali compositi e biomedici. È professore emerito di Tecnologia dei polimeri e di Scienza e tecnologia dei materiali dell'Università di Napoli "Federico II".
Nicolais conosce bene la realtà della ricerca internazionale: negli USA, dal 1981 al 2003, è stato professore aggiunto al dipartimento di Ingegneria chimica della University of Washington (Seattle) e, dal 1986 al 2004, professore aggiunto all'Institute of Materials Science - University of Connecticut di Storrs. È uno degli scienziati italiani con il maggior numero di citazioni sulle riviste scientifiche internazionali e autore di 18 brevetti che hanno gemmato importanti iniziative imprenditoriali.
È stato assessore regionale in Campania con delega alle Attività produttive, alla Ricerca e all'Innovazione e ministro per le Riforme e l'Innovazione nella Pubblica Amministrazione dal 2006 al 2008 nel secondo governo Prodi. Attualmente è deputato della Repubblica italiana.
Proprio la sua appartenenza politica ha suscitato qualche "scontento", ma Nicolais ha abbassato il tono delle polemiche: «Il CNR è un ente ricco di professionalità che ha bisogno di proseguire il rilancio avviato per diventare un ente modello». Il nuovo presidente intende impegnarsi per restituire efficienza all'ente: «Darò il mio contributo per ridurre la burocrazia, aumentare l'efficienza e consolidare la fiducia: il CNR ha punte di alta qualità e dobbiamo utilizzarle al meglio», e sottolinea la necessità di un nuovo piano per la ricerca: « Non si può investire su tutto, limitiamoci alle molte eccellenze che abbiamo: dalle biotecnologie alla fisica della materia». Ma i problemi non finiscono qui: invecchiamento dei cervelli e delle infrastrutture che non attirano ricercatori stranieri, innovazione insufficiente, necessità di risorse adeguate e tagli penalizzanti, scarso collegamento con il mondo industriale.
Isabella Ceccarini (24 febbraio 2012)
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