Cimea-Naric Italia, 2010
Come scovare le università “trenta e frode”, quelle che rilasciano titoli accademici spazzatura, non riconosciute dal mondo accademico? Il fenomeno esiste da tempo – già nell'Ottocento circolavano titoli taroccati –, ma oggi con l'internazionalizzazione, transnazionalità e internet diventa sempre più difficile districarsi nel mondo delle università fantasma che forniscono titoli a pagamento. Perché oltre a fabbricare i titoli, si fabbricano pure le società che riconoscono l’autorevolezza di queste università fittizie. Ma chi si affida a università non abilitate? Dai quadri-funzionari che per diventare rapidamente dirigenti desiderano una laurea facile, agli imprenditori che non vogliono essere da meno degli ingegneri loro sottoposti, ai “cacciatori” di titoli, lauree ad honorem comprese.
Interessanti gli esempi, una cinquantina, di truffe made in Italy, e di altri paesi, tra cui gli Stati Uniti, dove esiste il più grande numero di atenei non accreditati. Nel piccolo paese di Seborga, un “principato” di 400 abitanti sulla collina sanremese, ci sono alcune università, accreditate da false società con nomi simili a quelle ufficiali, tutte con la sede nello stesso scantinato.
Come si riconosce la truffa? Per esempio dal nome simile a una università autorevole, magari con una lettera cambiata (Robert de Sorbon, Università di Standford, Berkley, etc.), oppure dal fatto che la prima cosa che viene richiesta è il numero della carta di credito e non i titoli di studio precedenti, dai tempi rapidi in cui forniscono la laurea o il dottorato, oppure dalla sede. Le schede di queste università non accreditate sono precedute da un’analisi della fabbrica dei diplomi nel mondo con particolare attenzione a Italia, Usa e Nigeria.
La novità di questa edizione inglese rispetto a quella italiana (B. Coccia, C. Finocchietti (a cura di), Fabbriche di titoli, Universitas Quaderni n. 23, Cimea, Roma 2009) sono due case history di fabbriche milionarie di titoli in Russia e ovviamente in Cina, il paese dove si clona di tutto. C’è perfino il caso di plagio della relazione dottorale di Putin, messo in evidenza dal “Times”: una ricerca copiata da una pubblicazione del 1978 dell’Università di Pittsburgh.
Marialuisa Viglione