quadrimestrale della Fondazione per la Sussidiarietà, n. 3/2011
Quante volte, nei momenti difficili, si è pensato (e qualcuno l’ha fatto) di cambiare vita andando all’estero? Oggi, però, espatriare sperando in una vita migliore non è così scontato, poiché intere nazioni – tra cui il nostro Paese – sono strette nella morsa di una crisi molto grave, che costringe milioni di persone a cambiare radicalmente il modo di vivere. È possibile vedere in questa situazione uno spiraglio positivo e far sì che la crisi si trasformi in un’opportunità?
Il n. 24 della rivista “Atlantide” è dedicato interamente a quello che potrebbe essere il tesoro nascosto per uscire dalla crisi: i giovani, la chiave del nostro futuro, la classe dirigente di domani, troppe volte ignorati dalla miopia della politica. Dopo l’articolo di apertura Si scrive crescita, si legge giovani, la rivista è suddivisa in tre sezioni – Attraverso i giovani si ricostruisce la società, Investire sul futuro è un bene per tutti, Barlumi di novità oltre confine – che prendono in esame diversi aspetti del problema: giovani e lavoro, la creazione di imprese innovative, la formazione professionale, il sistema previdenziale, etc.
L’Italia può ripartire se investe nei giovani, in quelli che non cedono alla rassegnazione e non si arrendono, ma hanno «riacceso il motore del desiderio», per usare le parole del presidente Napolitano. Secondo Mario Draghi, questo spreco di risorse preziose mette a repentaglio non solo il futuro dei giovani, ma quello dell’Italia. «Le difficoltà incontrate dalle giovani generazioni devono preoccuparci. Non solo per motivi di equità. Vi è un problema di inutilizzo del loro patrimonio di conoscenza, della loro capacità di innovazione. La bassa crescita dell’Italia negli ultimi anni è anche riflesso delle sempre più scarse opportunità offerte alle giovani generazioni di contribuire allo sviluppo economico e sociale con la loro capacità innovativa, la loro conoscenza, il loro entusiasmo».
In Italia, inoltre, esistono problemi strutturali che costituiscono un freno allo sviluppo: bassa fertilità e bassa crescita del Pil significano che l’invecchiamento della popolazione pone problemi di sostenibilità della spesa sociale che sembrano lontani dall’essere risolti. Come afferma Michele Colasanto, se non ci sarà un’inversione di tendenza si preannuncia una «eutanasia demografica […] che può pericolosamente farsi valoriale in una società aggredita da impulsi di tipo nichilista; magari di quel nichilismo apparentemente “leggero”, che legge come lecito tutto ciò che è possibile e soprattutto come irrilevante tutto ciò che non è qui e non è oggi».
Isabella Ceccarini