Galaxia Gutenberg/Circulo de Lectores, Barcelona 2011, pp. 408, € 21
La distruzione degli studi umanistici universitari e le sue conseguenze: questo, in breve, l’argomento trattato dal testo di Jordi Llovet. Esso costituisce, secondo l’autore, un sintomo allarmante del fatto che le università non sono più il centro della promozione dell’alta cultura, sostituite da altri tipi di istituzioni lontane anni luce dalle aule, come i centri culturali o le fondazioni. La sua visione può essere tacciata di pessimismo ma la descrizione che fa dell’attuale sistema universitario attinge alle fonti dirette della propria esperienza di docente e da una conoscenza profonda della natura classica degli studi accademici.
Tutte le riforme educative, sicuramente, hanno avuto un percorso lungo e sofferto, così come è innegabile che vi sia stato, nell’arco degli ultimi anni, un progressivo impoverimento degli studi classici. L’università, antico tempio del sapere, si è trasformata man mano in una scuola professionale e l’esercizio disinteressato dell’intelligenza è stato offuscato da stimoli più mondani: denaro, successo sociale, etc. L’autore, come molti altri, sostiene che questa evoluzione sia il frutto degli attacchi della tecnica e di una mentalità mercantilistico-neoliberale che ha portato ad assoggettare anche il mondo delle discipline umanistiche.
C’è del vero in questo, ovviamente. Ciò che non si comprende è perché si dovrebbe trasformare ciò che nel corso dei secoli ha dato risultati tanto incoraggianti. Se l’istituzione universitaria, il dialogo rispettoso tra maestri e allievi, la trasmissione del sapere sotto un’autorità competente sono serviti ad umanizzarci, perché ci impegniamo a cambiare tale modello? Seguendo Tocqueville, Llovet punta il dito contro gli eccessi della democrazia egualitaria e sottolinea l’incompatibilità dei suoi dogmi con il lascito delle discipline umanistiche.
Il congedo dell’università, cui allude il titolo, non fa riferimento, quindi, soltanto al prepensionamento del suo autore ma anche alla fine della tradizione universitaria dopo l’entrata in vigore del Processo di Bologna. Questo, secondo Llovet, ha rovesciato la bilancia in favore di un modello tecnocratico e utilitarista, dando il definitivo colpo di grazia agli studi umanistici. In Addio all’università. L’eclissi delle scienze umane si mescolano entrambi i fenomeni e di fronte al modello di Bologna si rammentano le esigenze di una vita intellettuale e di un percorso universitario nato come vocazione e come dovere.
L’autore è consapevole del suo anacronismo ma anche dell’attrattiva che un’esistenza dedicata allo studio esercita ancora sulle minoranze scelte. Sa che il disfacimento delle discipline umanistiche porta con sé conseguenze di ampio respiro – dall’incapacità di leggere o di articolare discorsi coerenti fino all’insensibilità artistica, passando per la dittatura delle mode, la manipolazione politica o la tirannia tecnologica – e che oggi la vita intellettuale ha il compito di opporre resistenza e trovare strade alternative, laddove sia ancora possibile parlare, conversare o discutere intelligentemente.
Llovet, in questo libro, svela anche un lato di sé quale polemista duro ed esteta consumato. Perché Adiós a la universidad fonde la critica al percorso universitario dell’autore e confronta il sistema che ha vissuto da studente, dottorando e docente, con quello odierno. Rimpiange il compromesso politico degli anni Sessanta – idealizzandolo, in talune occasioni – e la figura del maestro. Al di là di questo, e di alcune affermazioni polemiche su cui si potrà dissentire, traspare la passione per la cultura e per quella moderazione ed equità propria dei classici. Un saggio che docenti e umanisti non possono perdere.
Josemaría Carabante