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Secondo un recente rapporto della Federal Reserve Bank di New York, il passivo totale degli studenti statunitensi supera ormai i mille miliardi di dollari.
Ormai sono numerosi gli studenti che non ce la fanno più a sostenere questa spirale di istruzione pagata a debito e un post laurea caratterizzato da un lavoro sempre più precario. Non a caso se un tempo erano in molti che, con quello spirito ottimista tipicamente americano, di buon grado chiedevano prestiti sapendo che sarebbero stati in grado di ripagarli, ora la maggioranza ci pensa due volte prima di sobbarcarsi 40 mila dollari di debiti.
La verità è che gli ultimi dati sul lavoro mostrano come nel mese di maggio siano stati creati solamente 69 mila posti di lavoro e la disoccupazione sia salita all'8,2%, che il costo medio dell'università è ormai arrivato a 31 mila dollari annui e tra quelli che se la possono permettere c'è una maggiore competizione data la volontà di molti laureati di tornare all'università per migliorare le proprie qualità e avere così più chance nel mercato del lavoro attuale.
Anche se di bolla si tratta, bisogna evidenziare che le sue caratteristiche sono diverse da quelle che hanno messo in ginocchio l'economia mondiale in seguito al crack, nel 2008, del gigante finanziario Lehman Brothers. Prima di tutto, il volume complessivo del debito studentesco è dieci volte inferiore a quello del trade finanziario sul debito subprime; in secondo luogo, le conseguenze sull'economia americana sarebbero soltanto indirette. Infatti, se durante la crisi del 2008 una famiglia non era più in grado di pagare le proprie rate sul mutuo, nel peggiore dei casi poteva - come appunto è successo - restituire le chiavi in mano alle banche una volta dichiarata bancarotta. "Il caso degli studenti è diverso" (spiega Andrew Ross, docente di sociologia della New York University, n. d. r.). "Perché ciò che questi acquisiscono tramite il debito è conoscenza, un prodotto inalienabile della persona e che non può essere restituito agli istituti di credito una volta dichiarato default".
Non a caso per la legge americana un individuo deve per forza ripagare il proprio debito studentesco, pena un credit rating negativo che non permette poi di accedere ad altre forme di finanziamento. E sembra proprio questo lo scenario che un numero sempre maggiore di studenti sarà costretto ad affrontare. Secondo le ultime stime pubblicate dal network televisivo americano Cbs, la percentuale di studenti che dichiara default è arrivato quest'anno al 16,8% tra i cosiddetti dropout (quelli che hanno mollato prima della fine, il 40% del totale), mentre tra gli altri la percentuale è del 3,7%.
Le conseguenze? Secondo Ross gli scenari possibili sono due. Il primo è che un minor numero di persone deciderà di iscriversi all'università (...). Il secondo è quello del consumo. (...) se gli studenti, una volta laureati, hanno sempre meno capacità di acquisto, è difficile che l'America si rimetta in moto. E di conseguenza anche l'Europa.
Riadattamento dall'originale a cura di Danilo Gentilozzi (10 luglio 2012)
(Fonte: "Europa" del 21 giugno 2012, articolo di Alberto Mucci)
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