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Il Rapporto annuale 2012 dell'Istat offre un quadro dettagliato della situazione italiana degli ultimi venti anni.
Dal 1992, anno in cui l'Istat pubblicò il suo primo Rapporto annuale, è cambiato il tessuto economico e sociale dell'Italia, in particolare nella famiglia (che ha ridotto il numero dei suoi componenti e ha rallentato il suo sviluppo a favore di coppie senza figli e nuclei monogenitoriali) e nella speranza di vita, associato al calo demografico (l'Italia rimane uno dei paesi più vecchi d'Europa dopo la Germania, con 144 persone con più di 65 anni ogni 100 con meno di 15 anni).
I cambiamenti nel settore dell'istruzione superiore
Per quanto riguarda il sistema universitario, fino alla riforma che nel 2000 ha introdotto il modello a cicli di studio ("Processo di Bologna") l'articolazione dei corsi era poco flessibile, il numero dei laureati era tra i più bassi d'Europa, i tassi di abbandono erano alti e la durata media degli studi era molto superiore a quella prevista dagli ordinamenti. Negli anni Novanta si era registrato una flessione delle immatricolazioni; poi, con l'attivazione dei corsi del nuovo ordinamento e l'accresciuta offerta formativa, sono aumentate le immatricolazioni fino al picco nel 2003-2004, per poi calare di nuovo. Da notare che, fin dall'inizio degli anni Novanta, le immatricolazioni femminili erano superiori a quelle maschili: nell'a.a. 2009-2010 le donne hanno rappresentato il 56,2% degli immatricolati. L'introduzione delle modifiche nell'ordinamento ha fatto aumentare i tassi di conseguimento delle lauree; infatti, pur con una flessione costante negli ultimi anni, la percentuale complessiva (ovvero, sia per le lauree triennali che a ciclo unico) è del 31,6%, contro il 19,8% del periodo pre-riforma.
Nonostante il complessivo miglioramento, l'Italia è ancora lontana dall'obiettivo fissato dalla Strategia Europa 2020 che prescrive di innalzare al 40% i giovani in età 30-34 anni in possesso di un'istruzione universitaria (laurea o titolo equivalente). Nel 2010 la quota italiana era ancora al 19,8%.
Istruzione come fattore chiave di mobilità sociale, ma...
L'istruzione è sempre un fattore chiave di mobilità sociale e un modo per stimolare la crescita economica grazie a un migliore capitale umano, ma la classe sociale della famiglia d'origine è determinante: oggi solo il 12,5% dei figli di operai raggiunge la laurea, mentre per i figli di famiglie borghesi la percentuale sale al 40%. Anche l'abbandono scolastico è più frequente nelle classi meno elevate. Inoltre, in periodi di crisi come questi, è più difficile che si realizzi una mobilità sociale ascendente come era stato per le generazioni passate, quando i figli riuscivano a migliorare la loro posizione sociale ed economica rispetto a quella dei genitori: oggi è più facile che avvenga il contrario, ovvero che la mobilità sia discendente.
Il mercato del lavoro e il precariato giovanile
Diversi i cambiamenti anche nel mercato del lavoro: quasi il 70% dei lavoratori dipendenti è impiegato nel settore dei servizi. In venti anni il tasso di occupazione è cresciuto di circa tre punti percentuali (dal 53,7 al 56,9%) grazie alla componente femminile - fenomeno che si spiega in gran parte con la diffusione del part-time - anche se il tasso di occupazione femminile rimane molto più basso della media europea.
È aumentata la precarietà, sia per i giovani che per le donne. Gli occupati sono cresciuti grazie all'introduzione di nuove tipologie contrattuali realizzate per incrementare la flessibilità in ingresso e all'occupazione a tempo parziale, ma il divario tra il tasso di occupazione totale e quello dei giovani è salito dal 3,8% nel 1993 a quasi 16% nel 2011. All'inizio degli anni Novanta un giovane lavoratore atipico riusciva a trovare un lavoro stabile nel giro di un anno, oggi ci riesce appena il 18,6% di loro. Il quadro drammatico della condizione giovanile è completato da circa 2,1 milioni di NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero chi nella fascia di età 15-29 anni non studia e non lavora.
Guarda gli altri video di presentazione del Rapporto Istat 2012 su YouTube:
Daniela Marchesi - Coordinatrice Rapporto annuale 2012
Roberta Crialesi - Coordinatrice Rapporto annuale 2012
Roberto Monducci - Capo Dipartimento per i conti nazionali e le statistiche economiche
Linda Laura Sabbadini - Capo Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali
Isabella Ceccarini(17 luglio 2012)
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