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Recenti indagini condotte dalle principali Associazioni dei consumatori (Adiconsum e Federconsumatori), utilizzando i dati presenti sui siti degli Atenei, hanno monitorato il complesso sistema della tassazione universitaria nell'anno accademico in corso alla luce delle significative innovazioni, introdotte dal D.Lgs.68/2012 sul Diritto allo studio e dalla Spending Review.
Rilevato un aumento medio delle contribuzioni studentesche (+11,3 per la I fascia reddituale), è emerso un quadro fortemente differenziato per sede e per area geografica con un corposo divario Nord e Sud: gli Atenei settentrionali sono più cari e mediamente superano del 16,7% l'imposizione minima prevista da quelli meridionali e addirittura del 43% quella per le fasce reddituali più elevate. Una vera e propria giungla di distinzioni, differenziazioni e parametri, che cercano di graduare il costo di tasse, contributi e spese ulteriori in base ai criteri di reddito, merito, consistenza del nucleo familiare, condizione sociale e lavorativa, distanza dell'abitazione, regime di iscrizione part time o fuori corso.
È emerso, ad esempio, che l'Università di Parma conserva il primato dell'Ateneo pubblico più costoso in assoluto (minimo di € 1.047,74 per le Facoltà scientifiche, € 931,92 per quelle umanistiche). La meno cara è l'Università de L'Aquila, che applica soltanto la tassa regionale e l'imposta di bollo pari ad € 155. All'Università di Milano le tasse variano da un minimo di € 795 ad un massimo di € 3.788; all'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna l'oscillazione varia da € 155 a € 3.983 e più in particolare l'importo medio per i corsi meno bisognosi di contributi per i laboratori (lettere, economia, giurisprudenza, lingue e psicologia) è di € 1.417 per salire a € 1.690 per architettura e medicina fino a € 1.995 e € 2.900 per le lauree magistrali.
Allo stesso modo alcuni Atenei hanno scelto di correlare il merito all'onere contributivo (ad es. l'Università di Bari, in cui una votazione medio-bassa o un basso numero di crediti si traduce in un aumento della tassazione; all'Università degli Studi di Trieste una votazione alta riduce l'ammontare della contribuzione) ovvero hanno adottato specifiche misure per agevolare l'iscrizione a corsi di laurea di interesse nazionale ed europeo (D.M. 12/1/2005, prot. 2): ad es. l'Università di Firenze prevede forme di rimborso parziale agli iscritti dell'area Chimica, Fisica, Matematica e Statistica; Siena applica a tali tipologie formative le meno onerose contribuzioni stabilite per le Facoltà umanistiche.
Non è univoco neppure il comportamento delle singole sedi universitarie nei confronti degli studenti ritardatari, categoria che comprende sia i ripetenti - che non hanno frequentato gli insegnamenti per i quali sono richiesti specifici attestati di frequenza - e sia i fuori corso - che, nel termine previsto, non hanno superato i relativi esami di profitto ed acquisito i prescritti crediti formativi. Alcune Università (ad es. Firenze, Pisa, Siena, Piemonte Orientale, Trieste, Udine) hanno scelto - almeno per quest'anno - di non applicare importi differenziati ai fuori corso mentre altre li hanno previsti: Sapienza - Università di Roma richiede un aumento del 50% ai fuori corso dal 3° anno, come aveva già sperimentato prima della recente normativa.
Maria Luisa Marino (novembre 2012)
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