Università Bocconi Editore, Milano 2012, pp. 156
«La riforma degli ordini professionali è solo una parte del processo di liberalizzazione in Italia […] Per esercitare bisogna non solo avere un titolo di studio, ma soprattutto superare molti ostacoli, quali un esame di Stato, la frequenza a corsi di specializzazione, un periodo di praticantato obbligatorio o qualche forma di accertamento dei requisiti professionali operata da chi esercita la professione e non ha alcuna intenzione di dare il via libera a chi potenzialmente è più bravo di lui». Così scrive nella prefazione Tito Boeri, docente di Economia alla Bocconi e opinionista del sito “LaVoce.it”.
Il volume, a cura di Michele Pellizzari (docente di Economia del Lavoro ed Econometria nell’Università Bocconi) e Jacopo Orsini (giornalista de “Il Messaggero.it”), affronta l’annosa questione della presenza degli ordini professionali e di come la legge abbia delegato a questi il potere di imporre una disciplina di entrata e di comportamento al suo interno. La critica più forte è la creazione di enormi barriere per l’esercizio di una professione, che di fatto ostacolano l’entrata ai giovani, a scapito di un regime di libera concorrenza nel settore dei servizi. Gli interventi legislativi che si sono succeduti nel corso degli anni raramente hanno portato grandi cambiamenti, fatta eccezione per il decreto Bersani n. 223 del 4 luglio 2006 che ha eliminato le tariffe minime per gli avvocati, consentendo anche ai giovani avvocati di offrire i loro servizi pari merito con gli avvocati di grande calibro, presenti sulla piazza da più anni.
Il problema che si pongono gli autori è la presenza dei vincoli familiari all’interno degli ordini, che li rende più simili alle caste piuttosto che essere organi in grado di accogliere i nuovi laureati, decisi a intraprendere una carriera professionale ben inquadrata. Inoltre, la presenza di barriere difficili da superare è la causa del possibile azzeramento della concorrenza nel settore dei servizi, elemento alla base della crescita economica di un Paese.
Interessanti i capitoli che analizzano gli ostacoli all’entrata in un determinato ordine e la comparazione tra la regolamentazione italiana e quella degli altri paesi europei (cap. 3), l’importanza delle connessioni familiari nell’accesso agli ordini (cap. 4), la problematica della presenza di ben 28 ordini o collegi in Italia (cap. 8) e le possibili riforme (cap. 10), sempre affossate dalle lobby presenti in Parlamento.