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L'accesso ai corsi a numero programmato (Legge n. 264/1999), il c.d. numerus clausus, applicato nel nostro Paese per l'accesso a Medicina e Odontoiatria, non lede il diritto all'istruzione, sancito dall'art. 2, protocollo 1, parte integrante della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Lo ha sancito la sentenza pronunciata a Strasburgo il 2 aprile 2013 dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha rigettato il ricorso (Tarantino e altri v. Stato Italiano), presentato nel 2009 da 8 cittadini italiani, 7 dei quali non avevano superato le prove di ammissione presso l'Università di Palermo.
In particolare il giudizio (6 voti a favore e 1 contrario), intervenendo per la prima volta sulla spinosa questione, ha espresso l'avviso che:
- il diritto all'istruzione non è assoluto, ma può essere sottoposto a limitazioni, variabili per tempi e luoghi, purché rispettose dei bisogni e delle risorse delle comunità e dei differenti livelli educativi;
- non è stato riscontrato un eccesso di discrezionalità nei criteri selettivi adottati dalle autorità italiane, quali strumenti per identificare gli studenti più meritevoli e garantire la qualità degli studi, bilanciando sia gli interessi dei singoli aspiranti che quelli della collettività;
- è stata rispettata l'esigenza pubblica di raggiungere alti livelli professionali nel settore medico, di particolare delicatezza, anche con l'obiettivo di evitare la piaga della disoccupazione;
- non è arbitrario il fatto che le stesse modalità di accesso siano state applicate sia alle Università pubbliche che a quelle private, essendo anche queste ultime finanziate - seppure parzialmente - dallo Stato;
- non è previsto un limite di volte per sostenere l'esame di accesso;
- non è stato impedito a nessuno dei candidati di iscriversi ad altri corsi universitari, ovvero, di iscriversi all'estero a quelli prescelti.
Il giudizio non è ancora definitivo. Gli effetti della sentenza, infatti, sono momentaneamente sospesi: nei prossimi tre mesi entrambe le parti del giudizio potranno richiedere che la pronuncia venga sottoposta alla Grand Chamber della Corte. Se ammissibile questa emetterà il giudizio finale; se rifiutata, la prima sentenza acquisirà i connotati di giudizio finale. In entrambi i casi l'esito finale sarà poi inviato al Committee of Ministers of the Council of Europe per supervisione ed esecuzione.
Luigi Moscarelli (aprile 2013)
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