Il TAR Lombardia – Sezione terza – con sentenza adottata il 23 maggio ha annullato le deliberazioni (15/12/2011 e 21/5/2012) con le quali il Senato Accademico del Politecnico di Milano aveva stabilito l’uso esclusivo della lingua inglese nei corsi di laurea magistrale e di dottorato a decorrere dal 2014. Nelle intenzioni del rettore Giovanni Azzone, tale misura aveva lo scopo di «formare capitale umano di qualità in un contesto internazionale per rispondere alle esigenze di imprese e studenti che chiedono di essere pronti per un mercato mondiale del lavoro».
Il TAR ha ritenuto che l’uso esclusivo della lingua inglese lede il primato della lingua italiana, incidendo sulla libertà di insegnamento e sul diritto allo studio.
In particolare:
– non viene riscontrata incompatibilità logica né inconciliabilità tra i precetti del RD 31/8/1933, n. 1592 («la lingua italiana è la lingua ufficiale dell’insegnamento e degli esami in tutti gli stabilimenti universitari») e quelli della Legge 2010 n. 240, che si limitano a prevedere un criterio direttivo, inteso a rafforzare il processo di internazionalizzazione universitaria. Ma l’utilizzo dello strumento linguistico non rappresenta la sola, possibile apertura verso l’estero, attuabile – secondo i giudici – anche con altre eventuali modalità (ad esempio, mobilità di docenti e studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione interuniversitaria per attività di studio). Tanto meno implica che l’uso della lingua italiana debba necessariamente assumere un ruolo di secondo piano o marginale negli insegnamenti;
– il primato della lingua italiana è riconosciuto dalla normativa costituzionale e ordinaria non come fine a se stesso, ma per garantire la conoscenza e la diffusione dei valori che ispirano lo Stato italiano. L’uso di lingue straniere – e non di una sola, limitata unicamente alle culture anglofone – da affiancare all’italiano deve contribuire, nell’ottica dell’internazionalizzazione, ad ampliare l’offerta formativa degli insegnamenti selezionati dall’università, che si «prestano a tale processo in considerazione delle origini e dello sviluppo scientifico di una certa disciplina in una particolare lingua straniera»;
– l’utilizzo esclusivo della lingua inglese, sebbene indicata dal Politecnico come «veicolo diffuso di comunicazione», incide in modo esorbitante sulla libertà di insegnamento e sul diritto allo studio di rilevanza costituzionale: la libertà di insegnamento (art. 33 della Costituzione) presuppone per il docente la possibilità di scelta dell’italiano come lingua di trasmissione della conoscenza e simmetricamente il discente deve essere posto in condizione di avvalersi della lingua italiana per la formazione praticata in una università italiana. L’innovazione introdotta dal Senato Accademico – che ha estromesso l’italiano dalla porzione formativa più qualificata – obbliga invece i docenti ad adattare programmi, testi, didattica e ad acquisire conoscenze della lingua inglese prima non richieste. Allo stesso modo gli studenti del biennio magistrale e del dottorato sono costretti ad abbandonare l’uso della lingua italiana.
Luigi Moscarelli
(27 maggio 2013)
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