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Generazioni disuguali – Le condizioni di vita dei giovani di ieri e di oggi: un confronto
Antonio Schizzerotto, Ugo Trivellato e Nicola Sartor (a cura di)
 


Il Mulino, Bologna 2011, pp. 496, 34 €
 
Stanno meglio i giovani d’oggi o quelli di ieri? È vero che, per la prima volta nella storia moderna, una generazione si trova a vivere in condizioni e con prospettive peggiori rispetto a quella che l’ha preceduta? La risposta è complessa e, per non cadere nella banalità, Schizzerotto, Trivellato e Sartor hanno svolto un’analisi articolata del problema.
I tre curatori firmano collettivamente il capitolo introduttivo dell’opera, che ne costituisce per intero anche la prima parte, significativamente intitolata Uno sguardo d’insieme. Infatti, esso fornisce un quadro di sintesi che, precisando gli interrogativi che hanno mosso l’itinerario di ricerca, illustra le difficoltà affrontate sul piano metodologico e le conclusioni a cui si è pervenuti. Per evitare il rischio della genericità, sono stati selezionati solo alcuni ambiti (istruzione, lavoro, reddito e corso di vita sono gli aspetti esplorati nella seconda parte), con un approccio multidisciplinare e quantitativo. Si considerano le generazioni che hanno avuto tra i 20 e i 35 anni negli ultimi quattro-cinque decenni, fermandosi al 2007. È significativo che l’analisi non abbia considerato i dati successivi, che potevano essere distorti dall’effetto congiunturale determinato dall’esplosione della crisi economico-finanziaria.
Uno degli ambiti investigati – e che specialmente ci interessa – è quello dell’istruzione. Ad esso sono in particolare dedicati i capitoli sulle disuguaglianze intergenerazionali, curato da Gabriele Ballarino e Antonio Schizzerotto, e sulle disparità intergenerazionali di istruzione derivanti dalle riforme scolastiche della scuola media unica e dell’università a cura di Carlo Barone e Margherita Fort.
La disparità di opportunità educative sembra essersi ridotta, sia attraverso una continua espansione dei livelli di istruzione formale sia nel completo superamento delle disparità di genere. Eppure il quadro è complesso: la parità di genere riguarda il tasso di scolarizzazione e il rendimento, ma non la scelta di indirizzi che consentano un proficuo inserimento lavorativo. Inoltre, persistono disparità dipendenti dall’origine sociale e culturale dei giovani. Ma la cosa ancora più grave è che all’espansione quantitativa non ha corrisposto una crescita della qualità; anzi, le indagini internazionali testimoniano un progressivo degrado dei livelli di apprendimento. Inoltre, il differenziale tra le condizioni di chi dispone o meno del titolo di studio si è ridotto rispetto alle generazioni precedenti.
Gli autori analizzano anche gli effetti delle riforme generali del sistema di istruzione secondario e terziario realizzate nei decenni trascorsi, ovvero l’istituzione della scuola media unica nel 1962 e l’istituzione del cosiddetto 3+2 nel 1999: in estrema sintesi si può dire che entrambi i provvedimenti hanno stimolato la scolarità, ma all’aumento delle immatricolazioni ha corrisposto un aumento degli abbandoni, che ha interessato proprio i soggetti appartenenti alle classi socialmente più deboli e pertanto la loro efficacia in termini di promozione dell’uguaglianza appare limitata. Se si aggiunge che negli anni più recenti, successivi al periodo studiato dalla ricerca che illustriamo, i tassi di immatricolazione sono diminuiti, altre ombre si aggiungono sull’efficacia del processo di riforma.
In tema di mobilità sociale, il sistema di stratificazione occupazionale dei giovani d’oggi risulta più aperto rispetto alle precedenti generazioni, ma allo stesso tempo le probabilità di salire nelle posizioni medie e superiori della struttura di classe sono diminuite: in sostanza i giovani italiani contemporanei, per primi tra tutti coloro che sono stati giovani nel XX secolo, sperimentano l’impossibilità di migliorare le proprie posizioni occupazionali rispetto a quelle raggiunte dai propri padri. Il fenomeno della mobilità geografica desta altresì preoccupazione, in quanto l’Italia esporta giovani con elevata dotazione di capitale umano, senza riuscire ad attrarre dall’estero soggetti con pari livello di istruzione e qualificazione.
La fine dell’espansione del sistema economico italiano, coincisa con la metà degli anni Novanta, e le recenti politiche di bilancio dell’ultimo quindicennio, soprattutto in materia pensionistica e di regolazione del lavoro, hanno determinato un quadro fortemente penalizzante per i giovani. Ciò che preoccupa è che tale situazione appare destinata a durare. Le condizioni che, a parere degli autori, consentirebbero un’inversione di tendenza, sono quattro: cambiamento di segno della congiuntura economica, avvio di un processo di crescita sostenuto e sostenibile, attuazione di politiche di redistribuzione eque e incisive e infine riconoscimento di capacità e competenze personali. È purtroppo sotto gli occhi di tutti che queste condizioni non si stanno realizzando. Si può solo auspicare che dall’attuale crisi i giovani sappiano trarre impulso e slancio per la crescita e lo sviluppo.
I temi accennati in questa recensione vengono approfonditi da R. Peccenini in “Universitas” n. 129 nell’articolo Generazioni disuguali.
 
Roberto Peccenini
 
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