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In 100.000 cifre, 100 cartine e 200 tabelle, il Rapporto dell'OCSE Education at a glance 2013 sintetizza la struttura, il finanziamento e il rendimento dei sistemi educativi nei Paesi che ne fanno parte, anche alla luce del profondo impatto operato dalla crisi economica più o meno generalizzata. Per la prima volta, viene esaminato anche il legame intercorrente tra il livello di istruzione e due realtà sociali, quali l'obesità e il fumo, che risultano diminuire proporzionalmente più si raggiunge un livello educativo medio-alto.
L'istruzione - specie nel lungo termine - è una preziosa garanzia in termini di occupabilità e di reddito rispetto ai meno qualificati nonché serve a compensare la mancanza di esperienza lavorativa.
Il tasso d'ingresso ai corsi universitari di primo e secondo ciclo è mediamente aumentato del 20% tra il 1995 e il 2011. È rimasto stazionario quello dei corsi a livello terziario più professionalizzante, per effetto di una maggiore accessibilità del sistema, ovvero di riforme universitarie e di cambi strutturali avviati per meglio rispondere alle necessità del mercato del lavoro (ad es. il Portogallo ha registrato nel periodo una forte crescita, addebitabile alla scelta di moltissime donne in età superiore ai 25 anni di iscriversi all'Università).
È prevista quasi ovunque una tendenza all'aumento del numero totale di studenti: questo soprattutto nei Paesi OCSE, seguiti da Cina e Indonesia.
Più stazionaria la prevista crescita degli iscritti a corsi di dottorato di ricerca - PhD, che giocano un ruolo cruciale nell'innovazione e nella crescita economica: questa è maggiore in Germania, Slovenia e Svizzera (+12%), minore in Argentina, Cile e Indonesia (+1%). Vengono privilegiate ancora le discipline scientifiche: ad esempio, in Danimarca un dottorando su 5 segue programmi di ricerca in matematica e statistica, discipline scelte invece soltanto dall'1% degli studenti universitari.
L'età media delle matricole varia in base alle differenze nazionali nel conseguimento della maturità: è al di sotto dei 25 anni per l'81% dei corsi universitari propriamente detti e per il 62% di quelli a livello terziario professionalizzante; al di sotto dei 30 anni per i dottorati di ricerca. La crisi ha spinto molti giovani ad anteporre la ricerca di un'occupazione, rinviando a un periodo successivo l'ingresso universitario. In Australia prevale l'abitudine di un anno sabbatico di riflessione prima di proseguire gli studi. Il tardivo ingresso produce però maggiori costi pubblici e personali: significa improduttività potenziale di un lavoratore durante il periodo degli studi e minori introiti fiscali, contrapposti alla difficoltà per lo studente di conciliare le due attività.
In progresso, nell'ultimo decennio, la mobilità degli studenti. Provenienti per oltre la metà (53%) dall'Asia, sono ospitati per quasi la stessa percentuale (48%) nelle Università dell'Unione europea e per il 21% da quelle statunitensi: Australia, Canada, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti accolgono da soli oltre la metà degli studenti in mobilità. Gli studenti internazionali rappresentano oltre il 10% degli iscritti in Australia, Austria, Nuova Zelanda, Svizzera e Regno Unito. La lingua in cui vengono impartiti i corsi influenza le scelte degli studenti in mobilità: inglese, francese, tedesco, russo e spagnolo le lingue più diffuse. Il Giappone, pur non utilizzando una lingua conosciuta nel mondo, ospita un gran numero di studenti internazionali, il 93% dagli altri paesi asiatici.
Piuttosto offuscato il quadro specifico per l'Italia: è aumentato il tasso di occupabilità dei laureati rispetto ai meno scolarizzati ed è aumentato pure il livello di istruzione universitaria nei più giovani, ma è laureato solo il 15% (media OCSE 32%) della fascia di età 25/64 anni. La spesa per il settore universitario è cresciuta del 39% (media OCSE solo 15%), ma il maggiore finanziamento è riconducibile soprattutto all'aumento della tassazione studentesca e lo stanziamento complessivo pro capite (9.580 dollari, pari a 7.500 euro) continua ad essere notevolmente inferiore alla media OCSE ($ 13.528, € 10.500 euro) e a quella dell'UE a 21 paesi ($ 12.856, circa € 10.000); l'accesso universitario, dopo il forte incremento di inizio secolo, è diminuito al 48% (media OCSE 60%) nel 2011 e risultano negative (-11%) anche le prospettive di iscrizione universitaria espresse dai giovani quindicenni, interpellati tra il 2003 e il 2009 nell'ambito del Programma PISA (Programme for International Student Assessment). L'Italia si colloca agli ultimi posti dell'ideale classifica dei meno virtuosi, attinente anche ai tagli dei finanziamenti, del rapporto docenti/studenti e del numero percentuale di giovani NEET (Not in Education, Employment or Training).
Leggi la sintesi del Rapporto in italiano.
Maria Luisa Marino (luglio 2013)
Articoli di approfondimento sul Rapporto Education at a Glance 2013:
Education at a Glance 2013: cosa dice l'OCSE dell'università italiana? (ROARS - 27/06/2013) Education’s value rises in crisis but funding falls (University World News, 29/06/2013)
Tertiary attainment increases around the world (University World News, 29/06/2013)
Rising numbers with more than one degree (University World News, 29/06/2013)
International students boost graduation rates (University World News, 29/06/2013)
Women tops in higher education but still earn less (University World News, 29/06/2013)
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