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Un network tecnologico costruito dall'Università di Nairobi per condividere le ricerche scientifiche con istituti di Biologia e di Medicina di Paesi dell'Africa sub-sahariana; una mappatura digitale in Libano per salvare insieme a biologi della diaspora un'ampia serie di specie botaniche a rischio scomparsa; un network lanciato dalle studentesse del College universitario femminile del Kuwait per condurre ricerche in collegamento con ricercatori del Burkina Faso, Costa d'Avorio, Etiopia, Kenya e Nigeria. Sono solo alcuni dei risultati ottenuti da Brain Gain Initiative, un progetto promosso dall'Unesco e dal colosso dell'informatica californiano Hewlett Packard per invertire la traiettoria della mobilità dei talenti da 19 università di Paesi dell'Africa e del Medio Oriente e rafforzare l'insegnamento e la ricerca internazionale di alcune università.
Il programma, che compie quest'anno 10 anni, usa sistemi di tecnologia grid e cloud per aiutare ricercatori e studenti che sono rimasti nei loro Paesi d'origine a collaborare in tempo reale su progetti congiunti scientifici e di ricerca con i loro emigrati della diaspora all'estero. Lo scopo principale del progetto è di far avanzare la scienza e la tecnologia nei Paesi arabi e dell'Africa sub-sahariana e dare spazio ai giovani talenti di quelli in via di sviluppo, ha spiegato a University World News il responsabile del dipartimento Innovazione e Controllo qualità sull'istruzione universitaria dell'Unesco, Stamenka Uvalic-Trumbic: «Attraverso il progetto abbiamo dimostrato come gli espatriati africani e arabi che vivono all'estero possano giocare un ruolo di primo piano nell'agenda dello sviluppo dei loro Paesi». In questi anni Brain Gain Initiative ha collegato 19 università in Burkina Faso, Camerun, Costa d'Avorio, Etiopia, Ghana, Kenya, Kuwait, Libano, Marocco, Nigeria, Senegal, Tunisia, Uganda e Zimbabwe.
Un esempio dei risultati offerti dalla condivisione di tecnologie grid e cloud attraverso software che coordinano l'accesso e l'uso di informazioni congiunte è quello che viene dal Camerun, dove un controllo a distanza di sensori elettronici consente il monitoraggio in tempo reale dell'inquinamento atmosferico della capitale Yaoundé: mentre il coordinatore del progetto, il professor Emmanuel Tonye, ha disegnato un sito con la mappa dell'inquinamento urbano, il suo omologo Christophe Bobda, ingegnere camerunense docente all'Università dell'Arkansas, ha sviluppato dei dispositivi per misurare la qualità dell'aria.
Manuela Borraccino (16 ottobre 2013)
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