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segnalato da Freeonline.it
"Nestlé needs YOUth" apre le porte ai giovani
Occupazione
 


«La disoccupazione giovanile è un tema logoro, ma irrisolto». Così ha esordito Alessandra del Boca, presidente della terza commissione del Cnel, nell'aprire la Tavola Rotonda in cui è stato presentato il 15 novembre il progetto Nestlé needs YOUth - il primo del genere sviluppato su così vasta scala, come ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy - rivolto ai giovani laureati e laureandi al di sotto dei 30 anni: per loro il Gruppo Nestlé si impegna a creare in Europa 10.000 opportunità di apprendistato e stage e 10.000 posizioni professionali entro il 2016. Del Boca  ha rimarcato in modo particolare «il valore di un progetto concreto» che affronta alla radice il nodo della disoccupazione giovanile. I problemi sono molti: dal fossato che separa l'educazione dal mercato del lavoro ai freni istituzionali che gravano sui centri per l'impiego, dalle piccole e medie aziende che fanno poca ricerca specie nel terziario avanzato a un regime fiscale che penalizza ogni spazio di impresa, fino a una realtà previdenziale poco flessibile in uscita che ostacola l'assunzione dei più giovani. Proprio per stimolare la sinergia tra istruzione e lavoro, il progetto Nestlé needs YOUth comprende al suo interno Readiness for work, un programma che include orientamento professionale e corsi per elaborare il curriculum e presentarsi al colloquio di lavoro.

Come ha sottolineato Laurent Freixe, Executive Vice-President di Nestlé-Zone Director per l'Europa, in questo momento di crisi politico-sociale tutti siamo chiamati a fare la nostra parte: quale impatto sociale avrebbe l'abbandono di tanti giovani, lasciati ai margini senza un lavoro e senza un futuro? «Noi intendiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per rafforzare e sviluppare le competenze di questi ragazzi, rendendoli più interessanti per le aziende, a prescindere dal loro livello di formazione». Le opportunità di inserimento in azienda riguardano vari settori: produttivo, amministrativo, finanziario, tecnico, risorse umane, vendite, marketing, ricerca e sviluppo.

In Italia, dove «la ripresa dell'occupazione giovanile rappresenta una priorità urgentissima», Leo Wencel, capo Mercato del Gruppo Nestlé in Italia, ha spiegato quale sarà in concreto in contributo dell'azienda nel nostro Paese: «A partire dal 2014, la Nestlé intende offrire ai giovani sotto i 30 anni oltre 1.000 opportunità in 3 anni, equamente divise tra tirocini/stage e contratti a tempo determinato e indeterminato». Wencel ritiene che una grande azienda debba impegnarsi a risolvere un problema «che riguarda la società che la ospita e che non può essere demandato solo alle istituzioni» e spera che l'iniziativa generi «un circolo virtuoso in grado di contagiare altre realtà produttive e riflettersi positivamente sul tessuto economico e sociale», rovesciando così le cifre che indicano come disoccupato un giovane su quattro.

Giacomo Piantoni, direttore Risorse Umane del Gruppo, ha precisato che lo scopo prioritario del progetto è di «rafforzare le competenze dei giovani per facilitare il loro ingresso nel mondo del lavoro. Un piano articolato che comprende tutte le fasi di un percorso che va dall'orientamento all'employability, dall'offerta di tirocini/stage/apprendistato fino all'inserimento in azienda». Un'azienda deve saper guardare lontano, oltre il profitto immediato dell'azionista: creare valori condivisi all'interno del tessuto sociale dell'azienda significa trasformare un momento di crisi in un investimento. Questo comporta, ad esempio, sviluppare il welfare aziendale per i dipendenti in modo che riescano a conciliare lavoro e vita privata: in concreto, Nestlé incentiva il lavoro part-time e il telelavoro, e a Milano e Perugia sono disponibili nidi aziendali e campi estivi che accolgono i bambini quando le scuole sono chiuse. Coinvolgere nel progetto anche le istituzioni pubbliche, le organizzazioni sindacali e la rete dei fornitori comporta ricadute positive sul territori. Nestlé conta circa 63mila fornitori in tutta Europa, dalle aziende che forniscono le materie prime a quelle dei servizi: «L'idea è di contaminare tutta la filiera. Vorremmo, cioè, che i fornitori prendessero parte all'iniziativa aprendo anch'essi posizioni di lavoro e stage. Qualcuno ci sta già pensando». Se poi si intensificherà la solidarietà tra nord e sud dell'Europa, il progetto acquisirà davvero grande respiro.

Per Marco Oriolo, vice presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria con delega all'economia, la disoccupazione non è l'unico dramma dell'Italia: ci sono anche l'eccesso di burocrazia, l'enorme spreco di capitale umano («molti sono impiegati a un livello più basso del titolo di studio conseguito»), il disallineamento tra scuola e lavoro («una migliore formazione significa alta intensità di conoscenza e di competenza») e la tassazione esagerata. Secondo Oriolo «non servono incentivi o bonus alle assunzioni per convincere un'impresa ad assumere, questi sono solo palliativi: l'impresa assume se serve forza lavoro al suo business. Dunque la crescita è l'unica via: bisogna trovare il modo di incentivarla. C'è bisogno di una riduzione degli adempimenti burocratici, di flessibilità "sana" in entrata e in uscita, di una semplificazione delle leggi sul lavoro. E poi ci vuole una riforma fiscale: per una tassazione più giusta non solo per le persone, ma anche per le imprese. A un'impresa che guadagna 100 euro ne rimangono 32, contro una media Ocse tra 55 e 65 (53 in Germania): una situazione che noi consideriamo quasi di confisca. Questo ci penalizza nella competitività con le imprese straniere, perché rende impossibile investire in ricerca e sviluppo: è come fare una corsa con venti chili in più sulle spalle». A proposito di spending review, Oriolo ricorda che la nostra macchina burocratica inghiotte ogni anno 800 miliardi di euro: basterebbe tagliare solo il 5% per liberare 40 miliardi di risorse da investire per il Paese. Ma non bastano i soldi se leggi e regole non cambiano. Un tema, questo, condiviso anche da Stefano Da Empoli (presidente dell'Istituto per la competitività e ricercatore nell'Università di Roma Tre).

Anna Laura Marini, vice direttore della Direzione Generale per l'Istruzione e la Formazione tecnica superiore del MIUR, ha messo in evidenza il fatto che i giovani arrivano tardi e con poche competenze sul mercato del lavoro, ovvero non sono in grado di svogere in breve tempo un'attività professionale. Oggi c'è un soggetto nuovo, «il comitato tecnico scientifico, in cui dovrebbe stare anche l'impresa per avere voce in capitolo su come la scuola costruisce il piano di studi»; questo significa che dopo le scuole medie spetta agli istituti tecnici e professionali costruire programmi in cui sia presente anche il punto di vista delle imprese. Un nuovo approccio che segna una svolta radicale rispetto alla netta separazione in cui sono vissute fino ad ora.

Una valutazione positiva all'iniziativa Nestlé needs YOUth è arrivata anche dai rappresentanti dei sindacati confederali. Secondo Fabrizio Scatà (CISL) «dà valore e significato alla missione imprenditoriale ed etico-sociale, fa crescere reddito occupazione e consumi, arricchisce l'organico dei dipendenti, colma il divario tra formazione e mercato del lavoro». Stefania Crogi (CGIL) ritiene apprezzabile la capacità di coniugare educazione e lavoro. Stefano Mantegazza (UIL) sottolinea il respiro europeo di un programma che prevede «i prestiti d'onore per i figli dei dipendenti e riduce il fossato fra formazione e impresa, troppo a lungo liquidato come luogo di solo profitto».

Daniele Fano, responsabile della Segretaria tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ha concluso l'incontro ricordando la crisi del modello aziendale italiano, basato principalmente su imprese medio-piccole - un tempo dinamiche e oggi schiacciate dalla concorrenza estera e da un sistema che non le aiuta -, e penalizzato dalla mancanza di grandi gruppi industriali. Non a caso USA e Germania sono gli unici paesi che invertono la rotta della disoccupazione. In sintesi, per noi la sfida è più grande, perché l'Italia deve rilanciare un modello che va reinventato, a cominciare dal potenziamento del tirocinio e dell'alternanza tra istruzione e lavoro, in modo da non affacciarsi sul mercato solo al temine degli studi. Riferendosi a Nestlé, Fano ha sottolineato che «un'azienda che coniuga responsabilità sociale d'impresa e investimento nei giovani ha vita lunga, perché sa guardare lontano. Oggi non è facile investire, ma nel tempo si raccoglieranno ottimi frutti».

 

Per candidarsi, inviare il proprio curriculum a nestleneedsyouth@it.nestle.com

 

Isabella Ceccarini
(novembre 2013)

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