Egea-Università Bocconi Editore, Milano 2012, pp. 278, 26 euro
«Agli inizi, era Internet che cambiava il mondo. Oggi è il mondo che sta cambiando Internet». Questa frase, stampata sulla quarta di copertina di Ossessioni collettive, sintetizza perfettamente non solo il contenuto del libro, ma soprattutto il quadro di una situazione reale.
Geert Lovink, uno dei massimi studiosi dei nuovi media e della rete, analizza la nostra smania di essere presenti nella rete, il flusso di informazioni che ci travolge dovunque e in ogni momento, e soprattutto l’illusione di dialogo fornita dai social network. Secondo lo studioso olandese, dobbiamo guardarci dal pericolo dell’autoreferenzialità, poiché «il dialogo nei network sociali contemporanei appare più che altro un’illusione». Proprio la blogosfera, che dovrebbe essere uno «spazio polifonico», si rivela al contrario un ambiente chiuso dove lo scambio avviene tra comunità di persone che la pensano allo stesso modo; si origina così un dibattito «all’interno di nuvole omogenee che restano chiuse in se stesse e che si negano ogni confronto con opinioni divergenti o di segno opposto». Il tutto aggravato dall’adesione acritica consentita dal tasto “mi piace” (ma poi, mi piace davvero? Ha un seguito questa adesione? ): una «simulazione di socialità che si manifesta prevalentemente in rappresentazioni di fatti sociali».
La rete divora il nostro tempo e ci risucchia in una «caverna sociale senza sapere cosa stiamo cercando», ma la rete vive grazie a noi, trasformati in «neuroni del web: più link clicchiamo, più pagine visitiamo e transazioni facciamo, più il web diventa intelligente, raggiunge valore economico e crea profitto». I link sono come le ciliegie – uno tira l’altro – e in un sovraccarico di informazioni finiamo per dimenticare quello che stavamo cercando. Il rischio, secondo la psicologa comportamentale Maryanne Wolf, è che l’eccesso di navigazione faccia perdere la capacità di «lettura profonda», ossia «l’abilità di leggere e apprezzare racconti corposi e monografie dettagliate»: si leggono le prime 40 parole e si ignorano le 18.000 successive, ovvero la sovrabbondanza genera l’indifferenza. Questo riduzionismo ha pregi e difetti: un internauta accanito «non leggerà Anna Karenina, ma nemmeno affogherà nell’informazione». Riusciremo a progettare la tecnologia in modo da favorire il pensiero consapevole? Avremo la pazienza di costruire l’analisi critica, sapendo che bisogna farlo «con pazienza, un mattone alla volta»? Anche in questo campo è la componente umana a fare la differenza: solo interpretando i milioni di dati che ci passano sotto gli occhi potremo trasformarli in informazioni. Come afferma il critico informatico Joseph Weizenbaum, «la possibilità per tutti di pubblicare qualsiasi cosa online in sé significa ben poco. Gettarvi dentro cose a caso è inutile tanto quanto pescare a caso».
Lovink sostiene l’importanza di sviluppare capacità di autocontrollo sull’informazione, cioè capire quando è giunto il momento di allontanarsi dallo schermo: «Sapremo padroneggiare gli strumenti non soltanto quando ne avremo appreso l’utilizzo, ma anche una volta capito quando è il caso di metterli da parte». I più schiacciati dall’uso del web sono gli adolescenti, che tendono a sviluppare due volti diversi, «uno privato in cui esplorare i propri sentimenti profondi, e l’altro pubblico da usare nel mondo esterno, poi perfezionato su Youtube e Facebook». Crescono così la confusione tra essere e apparire, e la difficoltà di distinguere tra pubblico e privato, perché «non esiste il vero Io, ma solo un’infinita serie di maschere intercambiabili». Il paradosso è una società dove milioni di persone puntano a essere uniche, ma sono spinte a realizzare desideri identici. Questi «cervelli svuotati» sono i «figli della rivoluzione del tempo reale, interessati solo a cosa succederà nei prossimi cinque minuti».
Ossessioni collettive è ricco di spunti di riflessione, sollecitati dall’accurata analisi condotta dall’autore, e documentati da una ricca bibliografia. Tra i pregi è da segnalare anche la chiarezza espositiva, che ne fa un volume alla portata di chiunque voglia capire quali siano le ripercussioni del web nella nostra vita dal punto di vista sociale e politico (interessante il capitolo dedicato all’analisi di Wikileaks). Forse non è tutto oro quello che luccica, ma sicuramente si è innescato un processo innovativo dal quale non si tornerà indietro: il web è ricco di opportunità e cambia con impensabile rapidità, ma ha bisogno di regole chiare affinché sia la rete a servire l’uomo, e non viceversa.
Isabella Ceccarini