Tau Editrice, Todi 2013, pp. 516, euro 17
Al centro del Rapporto italiani nel mondo 2013 – curato per l’ottavo anno consecutivo dalla Fondazione Migrantes – ci sono «i migranti italiani di ieri e di oggi, coloro che possiedono la cittadinanza italiana e il passaporto italiano ma vivono fuori dei confini nazionali, coloro che votano dall’estero, quelli che nascono all’estero da cittadini italiani, quelli che riacquistano la cittadinanza, coloro che si spostano per studio o formazione, coloro che vanno fuori dall’Italia per sfuggire alla disoccupazione o perché inseguono un sogno professionale».
Quanti sono questi italiani? A gennaio di quest’anno i cittadini italiani iscritti all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), residenti fuori dei confini nazionali sono 4.341.156, il 7,3% dei circa 60 milioni di italiani residenti in Italia. L’aumento, in valore assoluto, rispetto al 2012 è di 132.179 iscrizioni, pari a +3,1% e +5,5% rispetto al 2011. Dall’Italia dunque non solo si emigra ancora, ma si registra un aumento nelle partenze. L’incremento numerico degli spostamenti riguardano oggi «migliaia di giovani, mediamente preparati o altamente qualificati, con qualifiche medio-alte o prive di un titolo di studio».
Nelle considerazioni generali poste in apertura del volume sono elencati i propositi del Rapporto:
· l’attenzione ai giovani e alla loro mobilità: decidere di emigrare oggi non deve essere un allarme sociale, ma una valida opportunità di crescita data soprattutto ai più giovani o, comunque, a quelle persone che vogliono percorrere strade diverse e mettere alla prova se stessi;
· cittadinanza e diritto di voto: il tema è talmente interessante che si è voluto dedicare uno specifico spazio per cercare di rispondere a come sia possibile conciliare la tolleranza alla “cittadinanza plurima” necessaria in un contesto globale rispetto all’applicazione normativa della cittadinanza e dei diritti che da essa derivano;
· l’immagine dell’Italia e della mobilità italiana nei mass media: è necessario curare maggiormente l’immagine dell’Italia sia per quanto riguarda i mass media italiani che per quelli internazionali e occorre pensare alla formazione di una classe giornalistica attenta, capace e soprattutto formata e specializzata, capace e specializzata in politica estera.
· non dimenticare gli emigranti e le loro famiglie in difficoltà: i migranti nel disagio sono volti di una crisi che attraversa in modo diverso le nostre città, famiglie e nuove generazioni, che non possono essere dimenticate.
«Il Rapporto si configura così, oggi, quale “strumento conoscitivo” della mobilità italiana e “strumento di sensibilizzazione” nella e della società civile spesso ignara o incostante nella conoscenza di fenomeni sociali di portata complessa che coinvolgono tutti nella convivenza quotidiana», ha sottolineato Mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes.
Nell’ampio volume – oltre 500 pagine, con collaborazioni di 50 autori con 40 contributi e approfondimenti dall’Italia e dall’estero – trovano spazio anche due temi che riguardano il mondo dell’università: la mobilità internazionale degli studenti universitari e dei giovani laureati, e i risultati della ricerca su italiani altamente qualificati a Washington D.C. e Baltimora.
· La mobilità internazionale degli studenti universitari e dei giovani laureati
Nell’anno accademico 2010-11 (l’ultimo disponibile a livello di dati) sono stati quasi 20.000 gli studenti italiani che hanno utilizzato il Programma Erasmus, con destinazioni soprattutto verso Spagna (7.547 studenti), Francia (3338), Germania (2199), Regno Unito (1849) e Portogallo (1011). Inoltre, 6.603 studenti italiani si sono recati all’estero per svolgere un tirocinio presso imprese e istituzioni pubbliche di un paese dell’Unione Europea diverso dal proprio e 1.045 studenti italiani hanno partecipato a programmi intensivi di breve durata. Anche se in crescita, la partecipazione italiana a Erasmus resta comunque più ridotta rispetto ad altri Paesi, anche a seguito della limitatezza degli investimenti e della copertura finanziaria. Ciò influisce anche nella partecipazione del personale docente, piuttosto scarsa: solo 1.616 docenti ha effettuato missioni, corrispondente al 5,1% del totale dei docenti europei in mobilità Erasmus nell’a.a. 2010-11.
La XV indagine sulla situazione occupazionale dei laureati del Consorzio Interuniversitario Almalaurea, svolta nel 2012, ha coinvolto 215mila laureati post-riforma del 2011 (indagati a un anno dal termine degli studi), tutti i laureati di secondo ciclo del 2009 (quasi 65mila, interpellati dopo tre anni) e per la prima volta i laureati di secondo ciclo (oltre 40mila) a cinque anni dal termine degli studi. Dall’indagine risulta che «l’11% di quanti a tre anni dal conseguimento del titolo stanno seguendo una formazione post-laurea, è emigrato all’estero»; in particolare, nei settori linguistico, scientifico e dell’ingegneria la percentuale di studenti italiani che stanno proseguendo la propria formazione all’estero supera il 20%.
· Risultati della ricerca su italiani altamente qualificati a Washington D.C. e Baltimora
«Sono i cosiddetti “migranti-ricercatori”, nuovi migranti completamente diversi e unici nel loro genere: rifiutano di essere catalogati come “cervelli in fuga”: si sentono invece “talenti capaci di scegliere”, che cercano opportunità per mettersi alla prova. Sono migranti per scelta intellettuale (“non guardando indietro dal finestrino del treno”), vanno dove li portano i loro interessi scientifici e personali. Vivono appartenenze plurime. La loro maniera di sentirsi cittadini del globo è attraversata dal sentimento di essere segni e simboli italiani del luogo-Europa, rivendicando di aver completato gli studi in diverse università dell’Europa, sul cui processo di costruzione politica unitaria dichiarano una crescente lealtà». Qui emerge un aspetto divertente, con l’utilizzo dei dialetti regionali intesi «come codici comunicativi di sicurezza ancestrale e di interpretazione territoriale di valori condivisi»: questi speciali migranti «ri-elaborano e re-interpretano le proprie origini italiane, ma non a partire da stereotipi dello Stato-nazione, bensì dalla rivendicazione affettiva delle specificità territoriali e municipali del proprio localismo regionale, lasciando affiorare una giocosa distinzione competitiva tra settentrionali e meridionali».
I ricercatori oggetto di questa indagine hanno coscienza di possedere una professionalità sofisticata e d’avanguardia, in una sorta di «nomadismo culturale, che consente loro di elaborare rappresentazioni identitarie che privilegiano innanzitutto l’appartenenza alla propria rete professionale; […] non si sentono dei geni, ma persone normali con un lavoro straordinario».
Luca Cappelletti