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Fotografia dell'università italiana. Più ombre che luci
 
A sei anni  dall’introduzione generalizzata  dei nuovi corsi di studio, il sistema della formazione universitaria  presenta un quadro critico. Ad elementi di novità incoraggianti - come l’accresciuta partecipazione degli studenti a programmi di mobilità internazionale (+10,2% sull’anno precedente) o il più alto tasso di successo  nei corsi di laurea di primo livello (57%), o ancora il conseguimento del titolo di dottore di ricerca da parte di  10 mila 188 studenti, nel 2006   -   si alternano segnali preoccupanti, che riconducono  alla situazione antecedente all’avvio della riforma, nel 2001/ 2002. Fra i tanti, ad esempio,  una proliferazione eccessiva  dei corsi di studio (a quota 5mila734) e  una percentuale dei fuori corso  al 40,7%, la più alta registrata  nel periodo di riferimento.
E’ quanto emerge dal 9° Rapporto sullo stato del sistema universitario, illustrato a Roma lo scorso dicembre dal presidente del Comitato di Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU), Luigi Biggeri.
Sul versante della domanda  formativa, il sistema è “in frenata”: a fronte di un numero totale degli iscritti stabilizzato da circa quattro anni sul milione 800 mila unità, si riduce il numero degli immatricolati, che si attesta nel 2007  sulle 308 mila unità. In particolare, la proporzione dei “maturi” della scuola superiore che si iscrive all’Università si comprime al 68,5%, attestandosi ai livelli pre-riforma.
Otto matricole su dieci scelgono  inoltre di iniziare  il proprio percorso formativo nella regione  di residenza, e se si va a misurare la capacità di attrazione per ripartizione territoriale degli Atenei,  si scopre che nel Nord Est  la percentuale di immatricolati fuori sede è del 25,8%, con una larga partecipazione di studenti  del Mezzogiorno e di quelli provenienti dall’Estero. Al Centro  è pari al 29,4%  e al Sud  si attesta solo al 5%. Se da una parte, segnano un incremento del 10,2% gli studenti  che vanno all’estero, dall’altra rimane pressoché invariato il numero di studenti in entrata, verosimilmente anche per problemi legati alla lingua.
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Sul versante dell’offerta, in presenza di  un aumento rilevante dei corsi di studio, passati, dall’avvio della riforma, nel 2001/2002, da 3mila234 a 5mila734 (+77,3%), si registra una consistente polverizzazione territoriale, con il fenomeno, da un lato, della presenza di corsi di studio con meno di dieci immatricolati (pari al 10,1%), dall’altro lato, dell’incremento  dei comuni sede di corso universitario, saliti a quota 246.  
In tale scenario, oltre alla già citata percentuale dei fuori corso,  spicca la percentuale degli “abbandoni” invariata al 20% e la percentuale degli studenti “inattivi” ( che non hanno sostenuto esami nell’ultimo anno) al 22,3% (anche in questo caso la più alta nel periodo considerato). Accanto alla buona notizia  che il gettito di laureati è di oltre 300 mila unità ormai da tre anni,   bisogna ricordare subito dopo che meno di uno studente su tre si laurea nei tempi  regolari,  il 30% con un anno di ritardo, che uno su sei si laurea con due anni di ritardo e che aumenta all’11% la percentuale di coloro  che si laureano con tre anni di ritardo.  In controtendenza le professioni sanitarie,  dove sono regolari oltre  sei laureati si dieci.
Un contesto in  evoluzione  si registra esaminando i dati sul personale delle Università: per la prima volta dopo 10 anni i professori di ruolo risultano in calo  d
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