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La Corea del sud è un paese che deve il proprio successo alla scalata economica degli ultimi dieci anni, un progresso le cui basi poggiano in modo particolare sull'eccellenza nell'istruzione. Il sistema d'istruzione coreano è conosciuto, difatti, per gli alti standard di qualità e per il carattere estremamente rigido, che sfocia in una competizione feroce in ambito accademico e, successivamente, in quello lavorativo.
L'obiettivo primario dei giovani coreani, che per l'80% si iscrivono all'università, non è frequentarne una qualsiasi ma accedere a uno dei tre atenei più prestigiosi del paese, conosciuti con la sigla SCY: l'Università Nazionale di Seoul, l'Università della Corea e l'Università Yonsei. Laurearsi in una di queste tre istituzioni significa, infatti, assicurarsi un futuro di successo.
Negli atenei, per il 70% privati, sta diventando pratica comune l'esame d'accesso in aggiunta alla prova di selezione generale, già di per sé altamente competitiva. Tali prove sono conosciute come Sihom chiok, l'inferno degli studenti, e possono influenzare fortemente la loro vita professionale e persino sociale. Il caso del Kaist (Advanced Korea Institute of Science and Technology) è paradigmatico dell'evoluzione del sistema educativo sudcoreano: in appena tre decenni si è trasformato in un'istituzione di riferimento nel mondo della tecnologia che seleziona i propri allievi (non più di 1000 ogni anno) attraverso una dura prova di carattere scientifico, il che spiega la preparazione in scuole specializzate cui si sottopone la maggior parte di coloro che intendono accedervi. Gli allievi non possono tirare un sospiro di sollievo neppure una volta ammessi. Per iniziativa dell'attuale rettore, Nam Pyo Suh, gli studenti con una media superiore a 3.0, quasi il massimo secondo il sistema di misurazione coreano, hanno accesso gratuito, mentre coloro che mostrano una media inferiore al 2.0 devono pagare l'intera retta, pari circa a 5.540 dollari l'anno.
E' lecito pensare, ed è opinione comune, che un sistema del genere, tanto severo da apparire quasi soffocante, possa essere causa dei frequenti suicidi verificatisi negli ultimi mesi in ambito accademico. Nel 2010, secondo i dati del Ministero dell'istruzione, sono stati 146 gli studenti che si sono tolti la vita nella Corea del sud, il tasso di suicidi più alto dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Il recente passato del paese gioca un ruolo fondamentale in tal senso. Gran parte di quei genitori che fanno pressioni perché i figli entrino nelle migliori università sono cresciuti in un clima di austerità economica ed educativa, conseguenti all'occupazione giapponese e alla guerra civile. Il "miracolo coreano" della seconda metà del XX secolo ha impresso nelle menti dei propri abitanti una forte determinazione a raggiungere lo sviluppo economico a qualsiasi prezzo e la consapevolezza che l'istruzione costituisce il primo passo in questa direzione.
L'eccellenza nell'istruzione è diventata un'impresa nazionale e il patriottismo dei sudcoreani ha rafforzato il senso di responsabilità dei propri ragazzi. A questo si uniscono altri fattori culturali, quali il senso del rispetto, quasi venerazione, del quale godono i genitori e i professori nella tradizione coreana, che porta i figli e gli studenti a non tradire mai le aspettative riposte in loro. Anche a costo di venirne soffocati.
Elena Cersosimo
(Fonte: http://www.aceprensa.com/)
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